(E. Menghi) – Il Bernabeu ha il palato fine, non c’è dubbio. Ieri ha regalato una standing ovation a Francesco Totti, come ha fatto in passato con Del Piero, nel 2008, e 3 anni fa con Pirlo. Per i campioni senza età in Spagna c’è sempre un occhio di riguardo e potrebbero aver assistito agli ultimi 19 minuti inChampions League del capitano romanista dal futuro incerto. Nello spezzone di gara che Spallettigli ha concesso, il numero 10 giallorosso ha mostrato qualche colpo di tacco, ha persino gestito il pallone davanti al suo portiere, non ha lasciato il segno ma tanto non sarebbe servito a portare la sua Roma ai quarti, perché al 74’, quando ha preso il posto di El Shaarawy, la qualificazione era già compromessa.
Ma l’emozione era comunque tanta: «Non me l’aspettavo così forte. È stato struggente, bello e commovente, stai alla fine – dice Totti – ma vuol dire che al calcio hai dato tanto. Sono i ringraziamenti di uno stadio strepitoso. Sono mancate un po’ di cose, ora mi godo il momento, poi vediamo». In quello stadio che gli riconosce il talento avrebbe potuto giocare: «È l’unico rimpianto che abbia mai avuto». Spalletti s’inchina: «Se l’è meritato questo applauso per come ha condotto la sua carriera e il Bernabeu sa riconoscere a chi dare i giusti tributi. Bravi tutti e due».Bravo glielo dice anche Zidane: «Sono contento che abbia giocato». Manolas è la voce dello spogliatoio e non è banale: «Totti è come un dio, è un capitano incredibile e lo vogliamo con noi».
Se Zeman lo vede infreddolito in panchina, Rosella Sensi punta il dito contro l’allenatore a cui sono legati i suoi ricordi forse più dolci da presidente: «Mi ha sorpreso la gestione strana da parte di Spalletti, non me l’aspettavo. Quando si ha una leggenda, non si può pensare di avere un peso. Per me dovrebbe fare un percorso da dirigente. Pallotta? Non lo conosco». Totti, invece, lo conoscono tutti.