(E. Sisti) – La Roma non può che guardarsi dentro e piangere. La rete invocata così chiaramente da Spalletti era praticamente arrivata. Solo che Salah non ha un piede destro eDzeko non ha un piede sinistro. Limiti che pesano. L’eliminazione era prevedibile. Perdere ci stava, ma a Spalletti non è andato giù l’atteggiamento dei suoi. Il tecnico alla fine è stato durissimo con la squadra: «Non si può essere contenti dopo avere perso». Ci stava che ancora una volta fosse Ronaldo a spaccare tutto. Ad addolcire la malinconia, o forse ad aggravarla, c’è quel commovente applauso con cui il Bernabeu ha salutato l’ingresso diTotti in campo sapendo che sarà difficile rivederlo ancora. Il Real Madrid ha giocato furbo come una gigantesca faina fatta di undici creature avvezze a mostrare il meglio di sé quando serve. In fondo a chi è superiore basta una manciata di minuti (ricordate la Roma con la Fiorentina?). Colpita da Ronaldo (19’ st), la Roma è affondata subito, non aveva più nulla da chiedere a se stessa, alla Champions, alla partita. Dopo due minuti si è fatta infilzare anche da James e stava anche per subire il 3-0 (Ronaldo). La forza dell’abitudine, il peso delle dieci Champions, “l’historia che tu hiciste”, il giocatore che rompe gli equilibri, la tranquillità conquistata con i due strappi dell’andata, l’aver già da tempo sconfitto la maledizione degli ottavi. Troppi elementi nel calderone del “brujo”. La Roma non ha avuto il tempo per produrre nel suo laboratorio gli antidoti giusti per ogni singolo veleno, pur giocando alla pari per quasi un’ora, pur rischiando di regalare a Spalletti quel gol che sarebbe stato sufficiente a inoculare negli avversari il siero del dubbio e un’ansia infinita.
Ancora una volta però siamo allora costretti a chiederci: come è possibile che giocatori di così alto livello, chiamati a esibirsi su palcoscenici importanti, giocatori di qualità che meritano il posto che occupano, non possano contare su tutti e due piedi? Lo insegnano ai bambini. Se hai una carenza col sinistro, il bravo istruttore ti fa calciare solo di sinistro e viceversa. Mentre mamma aspetta fuori. Lo dice la storia del pallone. Come è possibile che Dzeko abbia un sinistro che ricorda (è accaduto anche con il Palermo) un gomitolo di lana e Salah un destro che quando deve calciare in porta a colpo sicuro lo controlla così male che sembra il piede di un altro? Meglio Florenzi allora, che l’unica volta che ci prova (11’ st) costringe Navas alla sua prima vera parata. Meglio Manolas che pochi secondi dopo, da posizione impossibile, spara sulle gambe delportiere costaricano.
Però che spreco. Dominata nel possesso palla dal Real Madrid, impaurita e spesso col baricentro troppo basso, effetto anche della giornata storta di Pjanic, la Roma era comunque riuscita a mettere in piedi la sceneggiatura giusta. Timorata ma non timo- rosa, sofferente solo quando il Madrid allargava il campo con i suoi cambi di fronte, con Dzeko e con il 4-2-3-1 la Roma appariva più impigliata del solito, come se l’applicare quel modulo li costringesse a una minore libertà, a comprimere la voglia di mescolarsi. Eppure aveva trovato le occasioni per scivolare a campo aperto, soprattutto con Salah. Ma prendersi gli spazi e approfittare della macchinosa natura di Danilo e Pepe, diventa un boomerang emotivo se poi non la butti dentro. E’ bene ricordarlo: la Roma aveva confezionato tre nitide palle gol. Buttate. E quando Ronaldo ha suonato la campanella, la ricreazione era finita.