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AS ROMA Come Prati, più di Völler

Dzeko
Dzeko

(T. Riccardi) – “Continuiamo così, facciamoci del male”, dice Nanni Moretti in “Bianca”. Sembra la frase perfetta per descrivere parte dell’opinione romanista, incline a minimizzare tutto ciò che è colorato di rosso e giallo e ad ingigantire tutto ciò che, invece, non transiti dalle parti di Trigoria. Un esempio, in questo senso, riguarda l’esperienza capitolina di Edin Džeko. Invocato in estate dalla maggioranza dei media come l’unico in grado di far fare il salto di qualità al reparto offensivo, oggi sminuito oltremodo per qualche errore di troppo sotto porta. Spesso viene messo a confronto con l’omologo della Juventus in quel ruolo lì, il croato Mario Mandžukic. La Juventus è prima, è forte, e su questo non ci sono dubbi. Ma non si fa riferimento ai numeri. Volendo fare il gioco delle coppie, si potrebbero paragonare Dybala e Salah per caratteristiche fisiche – 13 sigilli il primo, 11 il secondo – e Mandžukic-Džeko: 7 reti il croato, 8 il bosniaco. Venti gol la coppia bianconera, 19 quella giallorossa. Una marcatura sola di differenza. Se la bilancia tra l’argentino e l’egiziano può pendere dalla parte dello juventino, non c’è un motivo per preferire Mandžukic a Džeko. Stessa età, entrambi con stazze da “panzer”, statistiche simili dopo trentuno giornate di Serie A. Eppure, a leggere o a sentire in giro, Mandžukic – con una realizzazione in meno – viene fatto passare per centravanti di livello, “brutto, sporco e cattivo”. Džeko per il giocatore “bravo, ma non un eccellente finalizzatore”. A Torino, almeno, non sono stati fatti processi mediatici all’ex “puntero” dell’AtleticoMadrid. Misteri.

Gli 8 gol di Edin, pur non essendo un bottino eccellente, sono comunque un numero in linea con le prime stagioni di alcuni bomber che hanno reso glorioso il passato dell’Associazione Sportiva della Capitale. Pierino Prati, per dirne uno, tra i simboli di un calcio Anni 70 contraddistinto da baffoni e capelli lunghi. “Pierino la peste”, arrivato nell’estate del 1973, fece 8 gol in 23 apparizioni al primo campionato con la maglia capitolina (1973-1974). 8 gol come Džeko, che di presenze ad oggi ne ha 26 e non tutte dall’inizio. Siamo lì. Come pure con Roberto Pruzzo. Colui che è “il Bomber” per antonomasia della squadra scudettata di Liedholm del 1983, è il secondo nella graduatoria dei marcatori della Roma di sempre con 106 reti. Al primo tentativo – disputato in parte con la storica divisa Pouchain nel 1978-1979 – centrò l’obiettivo grosso 9 volte in 29 gettoni totali, peraltro evitando la retrocessione all’allora formazione di Valcareggi alla penultima giornata, segnando il punto del pareggio (e della salvezza) in un soffertissimo Roma-Atalanta 2-2 allo stadio Olimpico. Per dire, se il “diamante di Sarajevo” – 7 gol nelle ultime 5 partite – dovesse trovare la via della rete con ilBologna nel monday night della trentaduesima, eguaglierebbe la stagione d’esordio di Pruzzo. Per non parlare di Rudolf Völler. Lui, il “tedesco volante” della Roma di fine Anni 80 e inizi 90, che scorrazzava in area avversaria con il 9 “bombato” all’inglese sulla maglia Ennerre. Un altro mostro sacro. Pure Rudy al primo anno trovò difficoltà. E nemmeno poche. Lo “score” non fu affatto esaltante: 3 reti in 21 presenze nel torneo 1987-1988. Poca roba per chi nell’immaginario collettivo era venuto per prendere l’eredità del “Bomber” Pruzzo di cui sopra. Successivamente, ne realizzò 42 nelle quattro stagioni seguenti facendo ricredere i suoi detrattori. Gli dedicarono pure un coro da stadio sulle note di “La notte vola” di Lorella Cuccarini: “Vola, vola tedesco vola, la curva si innamora, tedesco vola”. Lo stesso Abel Balbo, nell’edizione della Serie A 1993-1994, superò di poco la doppia cifra: 12 gol. Džeko, da qui al termine del campionato, se non eguagliare Balbo, può serenamente raggiungere la quota delle 10 realizzazioni. Ne mancano due, non è impresa impossibile.

Ricapitolando: Džeko, al primo (parziale) colpo, ha già fatto meglio di Völler, ha raggiunto Prati ed è poco al di sotto di Pruzzo.  Mi sa che aveva proprio ragione Nanni Moretti: “Continuiamo così, facciamoci del male”. 

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