(D.Luciani) – Scelte. Fiducia. Riconoscenza. Chiarezza. Quattro parole chiave a cui aggiungere un semplice ringraziamento. Parole che possono diventare temi. In un confronto onesto. James Pallotta, Luciano Spalletti e Francesco Totti. Presidente, allenatore e capitano della Roma. L’aspro confronto negli spogliatoi dello stadio di Bergamo è il punto più basso del rapporto tra Spalletti e Totti. La fiducia tra i due rasenta lo zero, come la riconoscenza avuta ieri dal tecnico verso il giocatore che aveva segnato il 3-3 e servito a Dzeko il pallone della vittoria. I dirigenti, emanazioni di Pallotta, sono stati destituiti dall’intervenire in tutto ciò che riguarda il capitano.
Urge quindi un intervento diretto del presidente perché chi comanda – o almeno chi dovrebbe comandare – è chiamato a compiere delle scelte. Attenzione però, perché qui non bisogna scegliere tra Spalletti e Totti. C’è in ballo prima di tutto il futuro della Roma e poi quello del capitano. Che ha dato alla Roma un punto importante: l’occasione mancata per accorciare sul Napoli è enorme ma l’Inter rimane a due partite di distanza, quattro punti sotto e non tre (scontro diretto è a favore di Mancini). Totti aggiorna le statistiche, timbrando 245 gol in Serie A. Diventando tifoso della Roma da meno di una decade, Pallotta non ha vissuto Totti e tutto ciò ha fatto in ogni partita giocata. Dall’esordio allo Scudetto, dagli infortuni a caviglia e ginocchio a Roma-Arsenal giocata con un tutore. Gol, assist, carattere e soldi. Perché nella ricapitalizzazione sotto i Sensi, Totti trasformò alcuni stipendi arretrati in azioni della Roma. Negli ultimi venti anni, la Roma è stata la Roma grazie a Totti. Pallotta si è interessato alla Roma anche perché Francesco Totti l’ha resa migliore, più appetibile anche a livello commerciale.
Oggi gli riconosce tanti meriti, ha pronto un contratto da dirigente ma sembra non avere nessuna intenzione di riconoscergli un’altra stagione da calciatore. Riconoscenza non illimitata. Ad ogni domanda sulla trattativa, Pallotta non chiarisce mai definitivamente la situazione. Spalletti ha provato a fare chiarezza sottolineando più volte, in tanti modi, come Totti non possa garantire fisicamente il lavoro alla squadra in fase di non possesso. Un lavoro che però non faceva neanche nella prima avventura del tecnico toscano. Fiducia parziale.
Dal suo lato Totti non è immune da colpe, perché l’intervista rilasciata alla Rai che ha scoperchiato il vaso di Pandora è stata una sua iniziativa e anche lui non ha mai contribuito a chiarire la propria posizione se non per interposta persona. Vuole continuare a giocare perché si sente calciatore, nonostante i lunghi infortuni che lo hanno colpito quest’anno. Ha fatto bene quando impiegato, due gol e tre assist più il pallone servito a Dzeko. Ma anche lui verso Spalletti non ha avuto l’adeguata riconoscenza. Mazzone lo ha fatto uomo, Zeman lo ha reso calciatore, Capello lo ha fatto vincere. Con Spalletti è diventato giocatore totale. Gratitudine nei confronti del tecnico? Fino a un certo punto. E per Pallotta ha mostrato fiducia ma non si è mai sbilanciato in ringraziamenti espliciti, nonostante il presidente americano abbia risollevato la Roma dai debiti e dalle macerie lasciate dalla famiglia Sensi.
Tre treni lanciati in corsa su tre binari differenti, chiamati a incanalarsi nel binario principale chiamato Roma. Ci vorrebbero buon senso, razionalità e gratitudine per compiere le scelte migliori per il futuro della Roma.