(A. Pierucci) – «Ho sparato io, ma la pistola non era mia. Ho sparato per salvarmi». A due anni dall’omicidio di Ciro Esposito, Daniele De Santis l’ultrà giallorosso che ha fatto fuoco a Tor di Quinto uccidendo il tifoso napoletano, ha raccontato la sua verità. Ha ribadito che è stato lui a sparare, precisando però per la prima volta che quella pistola non era sua. «L’ho strappata dalle mani di uno dei miei quaranta aggressori. Già è tanto che sono vivo», ha detto. Eccola la ricostruzione di Daniele De Santis, «Gastone». L’ha raccontata ieri nell’aula bunker di Rebibbia davanti alla corte che dovrà giudicare se ha sparato volontariamente (i pm lo hanno spedito a giudizio per omicidio volontario) o, come sostiene, per legittima difesa. De Santis ha parlato per un’ora, davanti ai genitori di Ciro. La voce roca, semisdraiato su una barella, il piede destro nudo e tatuato, con la tibia tenuta stretta con una gabbia di ferro, il risultato del pestaggio di quel giorno. Era il pomeriggio del 3 maggio del 2014 poco prima della finale di Coppa Italia, Napoli- Fiorentina.
«Ho tirato un fumone per stizza e si è scatenato il finimondo», ha detto De Santis. «Mi hanno assaltato in quaranta. Stavo fuori casa, a trenta metri dal Ciak Village e c’era fumo. Tiravano bomboni, sassi, bottiglie. Ho preso un fumone e l’ho tirato. Stavo proteggendo casa mia, stavo a trenta metri da casa mia…Allora sono stato aggredito, vicino al cancello. Ho subito due aggressioni, ho preso botte su botte. Da quaranta venti dieci persone, non saprei. Tra la paura e le botte dopo che mi hanno rotto la gamba ho afferrato una pistola», ha aggiunto De Santis.
L’AGGRESSIONE – «C’era uno corpulento, come me, ma più alto, che m’ha dato una pistolettata in testa. Reagisco con uno scatto e prendendo la pistola, un tira e molla, e ho sparato. Avevo la gamba maciullata, la faccia coperta di sangue. Non sapevo chi avessi colpito. Io neanche lo conoscevo Ciro Esposito, l’ho visto dopo venti giorni in tv. Sono stato per giorni semincosciente». E poi è tornato al momento dell’aggressione. «Dopo il lancio di quel fumone, li ho visti arrivare da sinistra e da destra. Potevano essere fiorentini, giapponesi cinesi…solo dopo ho saputo che erano napoletani. Io non avevo mai sparato. Nessun precedente per armi». Il pm Antonino Di Maio allora ha fatto notare che in casa, anni prima, gli erano stati trovati un lanciarazzi e un teaser. «Roba cinese comprata su internet…Mica armi», ha ribattuto De Santis. «E la pistola che fine ha fatto?», gli è stato chiesto. «Che ne so io… Anzi che sono vivo dopo tutte quelle botte».
Le parti civili hanno sollevato un dubbio: «Lei così ferito come ha fatto a disarmare qualcuno?». «Gli ho strappato l’arma», ha detto. «Faccio Karate. Ho visto anche il campionato mondiale, l’anno che ha vinto lo scudetto la Roma». In aula De Santis, assistito dall’avvocato Tommaso Politi, non ha riconosciuto in foto di Alfonso Esposito e Gennaro Fioretti, i tifosi napoletani a processo con lui per rissa e lesioni aggravate. Esposito, proprio ieri, ha consegnato una memoria in cui ha affermato che quando è entrato nel vialetto che porta al Ciak con Ciro c’erano già una cinquantina di persone.