(M. Ferretti) – Parlare per più di metà conferenza-stampa pre derby del contratto di Francesco Totti, e non della Lazio, è l’ennesima conferma che la gestione relativa al rinnovo (o meno) dell’accordo con il capitano della Roma è stata grossolanamente sbagliata. E non da una sola parte. A ventiquattro ore dal fischio di avvio dell’arbitro Banti, sarebbe stato più logico discutere di argomenti tecnici o tattici, ma non è colpa di Luciano Spalletti se ha affrontato per l’ennesima volta l’argomento, così come non possono avere alcuna responsabilità i cronisti se/quando fanno domande inerenti ad una faccenda così mediaticamente d’attualità. SeTotti e la Roma non si fossero trovati a meno di 90 giorni dalla scadenza dell’attuale contratto in una situazione di assoluta mancanza (ufficiale) di chiarezza; se tutto fosse stato già risolto (in un senso o nell’altro) oggi l’argomento Totti sarebbe marginale, non più centrale. Invece, l’allenatore della Roma anche alla vigilia del derby ne ha parlato a lungo. Dicendo, più volte, di non volersi impicciare della questione, ma – di fatto – entrandoci dentro con dichiarazioni tutte da interpretare. «Ultimo derby per Francesco? Se dovessi rispondere a un sondaggio, lo farei giocare titolare. Ma un altro sondaggio potrebbe essere se far commentare l’Europeo a Pizzul o a Caressa», il virgolettato di Lucio.
A molti, l’accostamento tra un anziano telecronista in pensione e uno in attività non è sembrato casuale. E poi. «La sua doppietta nel derby dell’anno scorso? Chi ci dice che nel primo tempo di quella partita la Roma non è andata sotto di due gol perché non aveva l’apporto di un calciatore nel coprire gli spazi?», la sibillina sottolineatura del tecnico. Domanda: quindi Totti non può più gestire una gara intera? «Anche per colpa mia, magari, perché non l’ho più fatto giocare con insistenza. Durante la sosta ho fatto una partita contro la Primavera da cui ho tirato fuori numeri da portare a sostegno delle mie decisioni. È chiaro che in questi numeri non c’è la palla giocata di prima dietro le spalle che nessuno vede, perché non è catalogabile. Totti è un passionale, uno a cui garba l’attrezzo. Uno che sui tiri di precisione la mette sempre là. E io di Totti ne voglio quindici», la replica spallettiana. «Se si tratta di giocate, possiamo fargli anche di altri 5-6 anni di contratto. Il piede gli rimane quello, ma sono altre le cose che vanno riconsiderate. Dal mio punto di vista, la gestione di una partita diventa fondamentale. Ovvero tenere il pallino del gioco. Per riuscirci, la squadra deve saper far girare bene palla e, quando la perde, deve risaltare addosso agli avversari e riconquistarla in meno tempo possibile. Se si fanno analisi sulla fatica psico-fisica di quando una squadra ha la palla e quando non ce l’ha, cambiano totalmente. Non si può dare colpa a una punta, ma il problema è questo qui. Quando Totti ha la palla sul piede la mette dove vuole, ma poi la palla ce l’hanno gli altri. E come si fa?».
«UNA QUESTIONE DELICATA» Altra domanda: non crede che sia il caso di incitare la società a prendere posizione? «Io devo fare bene il mio ruolo, non vado ad interferire. È una questione delicata. Io non voglio essere messo dentro la storia di Totti. Io devo gestire la squadra e fare scelte per avere risultati. Io gestisco questo, e non voglio interferenze. Sulle altre faccende non voglio interferire». Come dire: non datemi la responsabilità di tenere o cacciare Totti dalla Roma.