(T. Carmellini) – Ma pensa te! La Roma, o meglio la squadra che si era presentata ai nastri di partenza di questa stagione con l’etichetta dell’anti-Juve, si ritrova otto mesi dopo a consegnare nelle mani della corazzata bianconera uno scudetto che la farà entrare nella storia: il quinto consecutivo.
E lo fa anche festeggiando perché il successo di misura sul Napoli, arrivato ieri pomeriggio in un Olimpico «polare» (in tutti i sensi), riapre in qualche modo la corsa al secondo posto per l’accesso diretto alla prossima Champions League. La Roma vince lo scontro diretto con Higuain & Co. e si porta a due punti dai napoletani ancora avanti con tre partite da giocare: sperando in un passo falso della squadra di Sarri per poter sferrare il colpo decisivo. Quello del ko che consentirebbe ai giallorossi di programmare al meglio la prossima stagione: il preliminare di Champions nell’anno degli Europei è una iattura.
Intanto ieri al tappeto sono finiti ancora una volta i detrattori di Spalletti che gioca la partita perfetta: la squadra tiene in mano il pallino per un tempo, pur concludendo molto poco rispetto a quanto creato e ringraziando un prodigio di Szczesny sul solito Higuain. Perde prima Manolas per una manata nell’occhio che sembrava meno grave di quanto in realtà fosse, quindi Florenzi per un problema muscolare.
Poi soffre nella ripresa il ritorno del Napoli, che sembra avene di più alla distanza e diventa sempre più pericoloso col passare dei minuti. Ma quando la partita è sullo 0-0 a all’81’ Luciano gioca la carta a sorpresa: non Dzeko, che si stava scaldando ormai da dieci minuti buoni, ma Capitan Totti. Sì, proprio lui, l’uomo delle mille polemiche, quello che aveva spaccato la tifoseria su un inutile dualismo proprio con il tecnico fatto prima di botta e risposta più o meno pubblico, poi di quei minuti preziosi «giocati» culminati con la doppietta vincente al Torino.
E Totti, che in questo momento è baciato dal Signore (se si piega ad allacciarsi le scarpe in strada trova pezzi da 100 euro sul marciapiede), lo ripaga facendo ancora una volta la differenza. Prima riaccendendo al suo ingresso un Olimpico fin qui plastificato, poi riattacando la spina a una Roma finita in black-out mentale e forse anche un po’ fisico. Salah non trova la coordinazione per chiudere a rete su un pallonetto delizioso del «solito noto», poi però a un minuto dalla fine parte ancora dai suoi piedi l’azione che cambia tutto: la rasoiata di Nainggolan fa 1-0 e poi è solo festa.
L’Olimpico torna indietro nel tempo, sembra essere quello pre-barriere, tutti uniti nel fare il coro allo speaker che invoca il centrocampista belga autore della prodezza della speranza. Un boato d’altri tempi, che dovrebbe far pensare chi ha scelto di «tagliare» il tifo in questo modo: perché alla fine lo sport è in grado di unire e vincere… anche da solo.
Voto alto a Spalletti per: 1) Cambio giustissimo che a nove minuti dalla fine ha tutto il senso del mondo. 2) Perché la Roma si ritrova così con tre punti pesantissimi in più. 3) Perché Totti ora ha un alleato inaspettato: Spalletti. La sostituzione voluta dall’allenatore sembra chiedere a gran voce al presidente di rinnovare il contratto al giocatore più significativo della Roma, uno dei pochi (forse l’unico) in grado di riaccendere uno stadio da solo: e anche questo è un dettaglio da non sottovalutare. Se Totti può permettersi solo dieci-quindici minuti a partita e in quel lasso di tempo riesce ancora a fare la differenza, privarsene sarebbe davvero un delitto.
L’importante, ora più che mai, è parlare chiaro e mettere tutte le carte in tavola: ognuno deve sapere che ruolo ha e fin dove può andare in questa storia. Totti continuare a fare quello che gli riesce meglio nella vita: il giocatore, magari anche part time. Spalletti continuare a decidere in totale autonomia: perché la presenza di Totti non può e non deve diventare un problema per nessuno. E Pallotta giocare una fiches extra per un giocatore di quelli che, parafrasando una «voce» amica, «ne nasce uno ogni mille anni»: soprattutto a Roma.