ASROMA.COM (T. RICCARDI) – Anno 2001, giorno 27 maggio. Lo stadio è il San Nicola di Bari, campo neutro in seguito al motorino lanciato sugli spalti di San Siro una ventina di giorni prima. La partita è Inter-Lazio, trentaduesima giornata del campionato di Serie A.
È il minuto 92, il parziale vede i biancocelesti in vantaggio 1-0 (Crespo). Un risultato che permetterebbe alla squadra di Zoff di contendere lo scudetto alla Roma fino all’ultima giornata. Ma, si diceva, minuto 92. E qui entra in scenaStephane Dalmat, classe 1979, ex centrocampista nerazzurro. Uno che, se avessero assegnato gli oscar a fine campionato, avrebbe vinto il titolo di “Attore non protagonista” per la stagione tricolore della Roma. “Un momento indimenticabile”, dice a distanza di quindici anni in un italiano più che comprensibile.
Le va di raccontare quell’azione?
“Volentieri, mi fa piacere. Non l’ho mai cancellata dalla mia mente…”.
Prego.
“Allora, mancano pochi minuti alla fine della gara, l’arbitro Collina concede un calcio di punizione a noi dell’Inter dal limite dell’area, ma decentrata sulla destra. Va sul pallone Recoba che, come ricorderete, era un maestro nelle situazioni da fermo. Il suo sinistro non perdonava. In quella circostanza, però, mi guarda e mi fa capire che non vuole tirare. Non se la sente. Mi dice: “Ora tocca a te…”.
E poi?
“Decide così di passarmi il pallone, sfruttando la mia posizione più centrale quasi in prossimità del limite dell’area. Io vado sulla sfera tirando di destro, senza pensarci, quasi a occhi chiusi. Parte la traiettoria e vedo la palla entrare sotto l’incrocio dei pali. Peruzzi – uno dei migliori portieri in circolazione – non può fare nulla, se non fare da spettatore”.
Che significò quel gol?
“Per l’Inter fu importante perché a noi serviva un punto per qualificarci in Coppa Uefa ed essere sicuri del piazzamento. Ma fu importante anche per me perché quel giorno segnai il gol più bello della mia carriera”.
All’Olimpico, nel frattempo, quando arrivò la notizia del pareggio dell’Inter ci fu un boato incredibile, nemmeno avesse segnato la Roma.
“Lo so bene. Dopo la partita mi raccontarono che lo stadio intero festeggiò e qualcuno lanciò alcuni cori inneggiando il mio nome. Mi ha fatto piacere anche se non ho mai giocato nella Capitale”.
Tra quelli che esultarono ci fu anche Francesco Totti che, dalla panchina, non nascose la gioia. Un suo giudizio sul capitano della Roma?
“Che dire? Uno dei dieci calciatori più forti contro cui ho giocato. È un attaccante determinante. Per anni – e pure quest’anno – è riuscito a risolvere tante partite con una giocata sola”.
Come mai la sua esperienza all’Inter non decollò dopo quel gol?
“Colpa mia. All’epoca mi preoccupai troppo dei calciatori che arrivarono nel mio reparto per farmi concorrenza, così persi un po’ di fiducia in me stesso. Sbagliai. Se avessi continuato a lavorare come se nulla fosse, mi sarei ritagliato uno spazio importante nell’Inter. Pazienza”.
Crede di aver fatto meno in carriera di quello che poteva?
“Probabilmente sì, sarebbe potuta andare meglio, ma non rimpiango nulla. Poteva pure andare peggio. Ho giocato in club importanti, non mi posso lamentare”.
Ha smesso con il calcio nel 2012, a 33 anni. Un po’ presto, forse.
“Diciamo di sì. Il problema è che non avevo più voglia di fare la vita del professionista: allenamenti, ritiri… Volevo solo giocare, senza più pressioni”.
Oggi di cosa si occupa?
“Lavoro come commentatore per una tv francese e quando ho tempo organizzo spesso tornei di calcio amatoriali con i miei amici. Mi diverto ancora con una palla tra i piedi…”.