Di chi era l’arma con cui ha sparato Daniele De Santis? Chi sono e che ruolo hanno avuto i suoi presunti complici mai indagati? Il difensore di Gastone chiede l’assoluzione: «Aggredito mentre fuggiva, fu legittima difesa».
«Quello che è avvenuto il 3 maggio 2014 non è uno scontro tra un mostro e degli eroi. E senza ipocrisie va detto che Ciro Esposito, rimasto purtroppo ucciso, era uno degli aggressori», ha detto l’avvocato Tommaso Politi in uno dei passaggi della sua arringa di quattro ore. Un tempo impiegato a contestare le testimonianze di chi era sul bus colpito dai petardi («costruite, contraddittorie, reticenti»), contrapporre perizie e video alle certezze dalla procura («De Santis rimase sul cancello del Ciak, a trenta metri dal piazzale, altroché agguato e rissa, pensava a fuggire»), a ribadire la propria lettura dei punti più contestati («Si è maciullato un piede chiudendo il cancello mentre veniva colpito con cinque coltellate e sparò da terra, già ferito e senza guanti»).
La difesa usa a discolpa dell’imputato anche prove fornite dall’accusa. Come la testimonianza di Alfonso Esposito («Presi dall’euforia volevamo regolare i conti») o la perizia di parte sulle cause della morte di Ciro («Errata valutazione e sbagliato trattamento delle ferite riportate»). De Santis, secondo il legale, non ha sparato per uccidere.
Fonte: corriere.it