(A. Angeloni) – «Totti è un brillante, da usare nelle grandi serate, al momento giusto. Ma parliamo anche della parata di Szczesny», mette subito le cose in chiaro Luciano Spalletti, che benedice ogni suo figlio. «Me l’ha detto proprio Szczesny: parlano sempre di Totti e della mia parata? Abbiamo vinto una grande partita grazie anche a un gran gol di El Shaarawy su palla lavorata da Dzeko». Poi, è chiaro: Totti è Totti, di lui si deve parlare perché lui fa in modo che ciò accada. «Secondo me Totti è un brillante. E i brillanti si mettono nelle grandi serate, al momento giusto, non tutti i giorni», la metafora di Lucio chiarisce quale è e sarà il ruolo di Francesco. «Quando viene a legarsi le scarpe con la faccia che aveva qui a Marassi, siamo a cavallo…». Entro e spacco tutto, il significato di quel visuccio.
I TENTENNAMENTI Il pelo nell’uovo, così lo chiama Spalletti, sono le disattenzioni difensive. Ancora troppe. «Con giocate in velocità come quelle del Genoa diventa difficile. Non era facile reggere il ritmo del Genoa. La prestazione di Strootman? L’ho visto pronto. Colpa mia, l’ho fatto giocare poco. I calciatori quando non li utilizzi si arrabbiano, anche Dzeko lo era perché ha capito che a Genova avevo fatto altre scelte. Poi è entrato e ha dimostrato di essere un grande calciatore». Grazie anche a Kevin, forse, la Roma ha ritrovato il carattere. «In questa seconda parte di campionato la mia squadra ha avuto un grandissimo carattere. Ha giocato bene il “terzo tempo”, vuol dire che tutte le volte che si sono allenati e scesi in campo hanno avuto l’atteggiamento giusto».
IL PIAZZAMENTO La speranza di superare il Napoli resta. «Dovrebbe pareggiare una partita, è una cosa possibile. Restiamo aggrappati a questa possibilità». Cosa manca per arrivare al pari della Juve? «Le valutazioni si fanno a bocce ferme, ora ci interessano queste due partite. La squadra ha fatto un grande girone di ritorno, ma non lo dice nessuno». De Rossi sereno: «Ho sempre odiato quelli che mettevano il muso quando giocavano poco e non partecipavano alle vittorie. E magari li vedevi arrivare a Trigoria con un sorrisetto dopo una sconfitta. Odio queste cose. Mi viene spontaneo essere contento quando vince la mia squadra. Al mio posto giocano compagni di squadra forti, non ho nulla di cui lamentarmi».