(A. Austini) Sole, stadio pieno, la curva no ma meno vuota del solito, Totti pronto a stupire ancora e più sereno sul futuro. Poteva essere la sua ultima gara all’Olimpico, invece il Roma-Chievo di oggi all’ora di pranzo ha tutte le premesse per una festa senza lacrime. Detto che i giallorossi hanno l’obbligo di vincere, l’obiettivo è mettere altra pressione, almeno per qualche ora, al Napoli di scena nel posticipo in casa del Torino: basterebbe un pari per l’aggancio che equivarrebbe al sorpasso in ottica secondo posto.
Spalletti lo definisce un «miraggio, un miracolo» e ricorda che l’attuale terza piazza «era quasi impossibile da raggiungere visto da dove siamo partiti». Sottolineati per l’ennesima volta i meriti dei suoi ragazzi, il tecnico dà un’altra dimostrazione del suo nervosismo di fondo: la questione Totti e in parte quella di Dzeko gli tolgono serenità per come vengono raccontate. «Perché se qualcuno mi “purga” segnando un gol aiuta la Roma e quindi io sono felice», chiarisce a microfoni spenti.
In conferenza stampa era stato abbastanza chiaro. Totti, che anche oggi dovrebbe partire in panchina, «sta facendo perfettamente – racconta Spalletti – quello che volevo in termini di presenza dentro il gruppo, per condizione fisica, intensità e qualità negli allenamenti». Il capitano si è ritagliato un ruolo da protagonista nei minuti finali, convincendo la società ad offrirgli un altro anno di contratto da calciatore: tra stipendio, diritti d’immagine quantificati in circa un milione di euro, futuro da dirigente e quant’altro c’è ancora da discutere, ma il lieto fine sembra ormai scontato e per Spalletti sarà un sollievo.
Da un attaccante all’altro, l’allenatore è addirittura infastidito da chi gli chiede perché Dzeko sia finito in panchina: «Ognuno può essere parente di chi gli pare. Per me conta la squadra: in 17 partite abbiamo segnato una quarantina di gol. Dzeko l’ho fatto giocare poco ed è colpa mia, non l’ho fatto sentire così comodo come altri ma è stata una scelta determinata da quello che vedo negli allenamenti. Per me sono importanti gli atteggiamenti e i segnali che mi danno». Stizzito anche dalla domanda sul «vero ruolo di Florenzi che non so quale sia: io lo uso dove serve di più alla Roma», poi cerca di posticipare i discorsi di mercato: «Mi sembra che Sabatini abbia detto che Nainggolan e Pjanic restano, lui è uno specialista nelle trattative e son curioso – scherza citando il diesse – di vedere che gatto maculato sarà. Aggiungendo qualcosa io commetterei l’errore che chiedo di non fare ai giocatori: ci siamo creati l’opportunità di arrivare secondi e bisogna guardare solo a questo». E poi, al di là degli acquisti, per colmare il gap con la Juve servirà un salto in avanti nella mentalità. «Abbiamo recuperato calciatori che possono darci tanto carattere: Strootman è una macchina, sempre uguale. Gli avevo detto che sarebbe stato nella lista Champions e poi l’ho tolto ma lui ha continuato ad allenarsi allo stesso modo. Anche Castan sta migliorando».
La formazione non la dice e dipende in parte da Manolas, frenato dalla botta a un piede: oggi provino decisivo, se resta fuori accanto a Rudiger c’è Zukanovic, a meno che Spalletti non decida di arretrare De Rossi che ha bisogno di mostrarsi a Conte in chiave Europei. Capitan Futuro è sfavorito nell’altro ballottaggio con Strootman, a destra rientra Florenzi. E la cornice è finalmente degna della Roma: circa 55mila spettatori, «come ritrovare un grande amico» la metafora di Spalletti. Che la festa cominci.