(E. Currò) La missione Euro 2016 di Conte è cominciata ufficialmente ieri e c’è chi ha voluto ravvisare nella catarsi dell’assoluzione al processo di Cremona per il calcioscommesse un’analogia col clima di dieci anni fa, quando Lippi affrontò in piena Calciopoli il Mondiale di Germania e lo vinse. L’attuale ct ha parlato di amarezza indelebile: «L’assoluzione non è un lieto fine: io non ho voluto scelte di comodo verso la prescrizione. Non dimenticherò in fretta. Rimangono, per me e la mia famiglia, i segni di una vicenda che, per quattro anni, ha avuto la mia immagine: la perquisizione alle cinque del mattino, le telecamere sotto casa, i titoloni dei giustizialisti». Ora il futuro allenatore del Chelsea («non ci penso, per indole affronto le cose una alla volta») è atteso da una sfida più complicata del 2006: questa è orfana di Verratti, Marchisio e Pirlo.
Lui ne è consapevole: «Costruirò in ritiro una squadra, non una selezione». Sul campo ha subito illustrato il metodo: allenamenti duri e intenso addestramento tattico, perché da qui al 30 maggio, dopo l’amichevole di Malta con la Scozia, sarà un tagliatore di teste. Inizialmente aveva previsto di comunicare la lista dei 23 già lunedì prossimo: «Ma ci sono tante situazioni da verificare». Da martedì partirà la corsa alle ultime 7-8 maglie, con 28-30 candidati: juventini e milanisti reduci della finale di Coppa Italia, più i sopravvissuti allo stage in corso. Potrebbe inserirsi a sorpresa nei 23 uno tra i 3-4 giovani che Conte intendeva portare per integrare gli allenamenti a Montpellier («non so se potrò, serve un’autorizzazione speciale, che i club potrebbero non concedere»): Benassi.
Lo stage di tre giorni è già una spietata selezione. Bernardeschi o Insigne? Immobile o Pavoletti? Ogbonna o Astori? Mirante o Marchetti? Per vincere i ballottaggi, servono condizione atletica superiore e rapidità di pensiero e di azione: il divario da Germania, Francia, Spagna e Belgio, sostiene il ct, si azzera soltanto correndo meglio e più degli avversari e grazie a una straordinaria duttilità tattica. E se di quest’ultimo aspetto sarà lui il giudice insindacabile, per valutare l’idoneità fisica al torneo si servirà stamattina di una valutazione asettica: il test yo-yo. Per gli azzurri c’è poco da sorridere e molto da faticare: una serie di scatti di 20 metri, andata e ritorno, con pause tra l’uno e l’altro sempre più ridotte e un implacabile segnale sonoro a scandire il tempo entro il quale bisogna compiere il percorso e ripartire. L’esercizio si interrompe quando il giocatore non è più in grado di mantenere il ritmo. Il test fornirà al capo dei preparatori dello staff della Nazionale, il professor Bertelli, parametri indicativi dello stato di forma che, associati all’esito dei test clinici del professor Castellacci, daranno la misura della condizione dei candidati. La velocità aerobica si deve collocare intorno ai 18-19 chilometri orari: chi non mostra capacità di recupero rischia di perdere l’Europeo.
La classifica verrà parametrata al ruolo: centrocampisti ed esterni, avvantaggiati per caratteristiche fisico-atletiche, sono quelli più sotto esame, anche se è difficile pensare che esperienza e versatilità tattica (De Rossi è in vistosa crescita) non influiscano sulla valutazione del ct. Il quale si affida indirettamente a una vecchia conoscenza. Lo yo-yo è stato infatti codificato a livello internazionale dal fisiologo e matematico danese Jens Bangsbo, già collaboratore di Lippi alla Juve in cui Conte giocava. Nel bene e nel male («Bonucci squalificato per la finale di Coppa Italia? Era mia facoltà chiamarlo, è stata facoltà della Juve rifiutarmelo, ma io ho ottimi rapporti con Agnelli, Marotta e Paratici», ha detto omettendo il nome di Allegri) Juventus resta la parola più ricorrente a Coverciano.