(A. Angeloni) – Daniele De Rossi si è guadagnato una fetta di consensi bianconeri. Strano, ma vero: ma quando si va contro il vento popolare romano, da una parte lasci e dall’altra prendi. Molti tifosi della Juventus avranno apprezzato (e ti credo) le parole del centrocampista giallorosso sulla questione Pjanic-Juventus, perché Daniele non se l’è sentita di appiccicare l’etichetta di traditore addosso a un amico e «a un professionista esemplare», pur non dando colpe specifiche alla Roma. Mire, secondo De Rossi, non è una bandiera, perché di bandiere ce ne sono poche e vanno coccolate, è solo uno che ha fatto una scelta e «la Roma resta il bene supremo, la Juve sarà pure più forte ma io a Pjanic vorrò sempre bene», le parole del giallorosso/azzurro. Andato via il bosniaco, ora bisogna sperare di non perdere Nainggolan, e De Rossi si è messo in prima linea. «Non penso andrà via, ma non voglio fare il mercato della Roma, né le pulci a Radja», la chiosa del centrocampista dell’Italia.
DIETROFRONT Se De Rossi si schiera con Pjanic, non fa diversamente Nainggolan, che solo qualche settimane fa, invece, aveva promesso di non «rivolgere più la parola a Mire in caso di passaggio alla Juve». Era una battuta e Radja di sicuro in bianconero non andrebbe, ma la verità oggi è un’altra. In linea con De Rossi. «Gli voglio bene e continuerò a volergliene, accetto la sua scelta», la promessa del belga. «Mire è come un fratello, certo era meglio giocarci insieme ma ha preso un’altra decisione e l’accettiamo. Nel calcio, purtroppo, questi episodi capitano».
DUBBI SUL FUTURO Chissà se capiterà anche a lui: i romanisti temono proprio questo, ovvero la partenza del Ninja. «Io sono sette anni che sto sul mercato e ogni anno succede un macello, quindi non ne voglio più parlare. Adesso mi concentro sull’Europeo». Un Europeo cominciato malissimo per Radja. «C’è tanta delusione per la sconfitta contro l’Italia, ho sempre detto che sarebbe stata la partita più difficile, si sa che sono dei maestri nella tattica. Abbiamo cercato con le individualità di fare qualcosa ma non ci siamo riusciti».