(F. Ferrazza) “Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, cantava Venditti. Una minaccia, più che una romantica dichiarazione d’amore, se accostata alla storia calcistica di chi vivrà oggi il suo ultimo giorno da romanista: ultratrentenni che hanno inciso nella recente storia giallorossa, lasciando sì una traccia importante, ma non al tal punto profonda da essere rimpianti dai tifosi. De Sanctis, Maicon e Keita sono i tre calciatori che da domani saranno svincolati, pronti alla pensione oppure allo svernamento.
Curiosa la situazione del portiere, che resterebbe volentieri nella capitale, magari per fare il secondo al giovane brasiliano Alisson (se il prestito di Szczesny non venisse rinnovato), per nulla intenzionato ad appendere i guantoni al chiodo. Morgan De Sanctis, 39 anni, si sta guardando in giro, col Pescara interessato al suo cartellino, ma continua a prendere tempo nella speranza che arrivi una chiamata da Trigoria. L’ex napoletano è arrivato nel post 26 maggio 2013, nell’estate della delusione per la finale di coppa Italia persa contro la Lazio e subito ha preso per mano uno spogliatoio a pezzi. E De Sanctis è il portiere delle dieci vittorie consecutive della prima Roma di Garcia, della squadra del record di punti e del ritorno in Champions dalla porta principale. La scorsa stagione ha perso il posto a favore di Szczesny, ma ha aiutato il più giovane collega a inserirsi. Nello stesso anno di Morgan è arrivato nella capitale Maicon. Anche allora svincolato dal City. E con la Roma è stato amore e odio. Amore il primo anno, nella stagione che portava al Mondiale, poi tanto buio, per i problemi cronici alla cartilagine del ginocchio. E il fatto che il contratto del trentaquattrenne scada oggi è vissuta più come una liberazione, che come un rimpianto (guadagnava circa tre milioni di euro). Ora è in trattativa col Cruzeiro, per un ritorno in Brasile nel club che l’ha lanciato da ragazzo. Meno intensa la storia di Keita, in giallorosso. Trentasei anni, due stagioni alla Roma, voluto fortemente da Garcia, quando non è stato costretto a fermarsi per problemi muscolari, è stato titolare di una squadra che ha confermato le sue enormi qualità in mezzo al campo, la sua esperienza dopo tanti anni al Barcellona, tanto che i tifosi lo hanno subito soprannominato “il professore”.