(A. Serafini) Pronto e tirato a lucido per la presentazione, ancora in ritardo nell’ambientamento in una realtà che adesso dovrà cominciare a conoscere. Il sorriso di Gerson Santos Da Silva durante la prima conferenza stampa a Pinzolo svanisce appena Luciano Spalletti lo mette alla prova nella doppia seduta svolta ad alta intensità.
Intanto la Roma abbraccia uno dei primi acquisti dell’estate, finalmente a disposizione dopo le lunghe discussioni dello scorso gennaio su come e dove fargli iniziare la sua esperienza in Italia. Il prestito al Frosinone è stata un’ipotesi caduta nel vuoto con il conseguente ritorno momentaneo in Brasile. Un aspetto che il dg Baldissoni, seduto accanto a lui in conferenza, preferisce specificare: «Per la Roma sarebbe stato molto complicato farlo tesserare ad un’altra squadra italiana, la soluzione migliore è stata quella di farlo tornare in patria. L’abbiamo presa insieme, senza dare troppe colpe a nessuno, compreso il papà del giocatore».
Adesso conta il presente. E se i primi giorni di un ritiro sono duri per tutti, figurarsi per un diciannovenne che sulle spalle sente già il peso di un investimento da 16,6 milioni fatto dalla società. Poi c’è l’addio di Pjanic e un ruolo all’interno del centrocampo che nelle prossime settimane verrà definito dalle prove del tecnico. Ieri nella partitella a campo ridotto Gerson si è sistemato sul centro destra nello schieramento a 3, ma è solo una prima indicazione. Nel frattempo per farlo crescere c’è un particolare programma atletico studiato ad hoc, una gestione della muscolatura che il ragazzo avrà bisogno di potenziare nel tempo.
«Mi sento un centrocampista in grado di giocare in ogni posizione – ha ammesso il numero 30 (stesso utilizzato nell’esordio della sua carriera al Fluminense) – anche se mi piace fare assist e cercare il tiro dalla distanza. So benissimo quali sono le mie responsabilità e cercherò di dare il meglio». Spalletti, che a gennaio lo ha allenato per una quindicina di giorni, ha approfittato della parentesi tra le Dolomiti per un nuovo colloquio personale con il ragazzo, seguito come un’ombra dall’interprete dentro e fuori dal campo. Il portoghese si parlerà esclusivamente nella stanza che dividerà nei prossimi giorni con Emerson Palmieri, mentre saranno intensificare le lezioni private di italiano per facilitarne quanto prima l’integrazione all’interno del gruppo.
Ma il grosso spetterà a lui, scenario che Gerson sa di dover affrontare con la massima professionalità: «Mi fanno piacere gli elogi che ho ricevuto – ha continuato – e devo ringraziare Sabatini per aver creduto in me e avermi portato a Roma». Poi chiarisce alcuni aspetti legati al duello serrato con il Barcellona: «Non è vero che ci sono clausole che mi legano ad una futura rivendita ai blaugrana e sinceramente credo di aver intrapreso la scelta migliore. Il Barcellona è un grande club, ma lo è anche la Roma, dove ho ricevuto un’accoglienza splendida. So benissimo che qui c’è una tradizione brasiliana molto importante, giocatori straordinari come Cerezo e Falcao. Non chiedetemi però di cercare paragoni anche perché non li ho mai visti giocare. Non credo ci saranno difficoltà nel mio inserimento, dando tutto vedrete che non ci saranno problemi».
Alla fine c’è tempo di spiegare un’altra vicenda rimasta in sospeso: «La mia foto con il numero 10 di Totti? È stato un regalo che ho accettato ben volentieri. A chi non farebbe piacere ricevere la maglia di uno dei giocatori più forti del mondo?».