(T.Damascelli) – Suggerisco di cambiare cognome: De Rosso. Dieci anni di espulsioni, roba pesante e poco pensante per chi era stato battezzato come capitan futuro, roba da detersivo per lavatrice ma di grande fascino per il popolo giallorosso (ci risiamo con il colore) che già aveva gran parte del cuore occupato dal capitan presente ed eterno, come la città capitale, Francesco Totti. De Rossi Rosso ha sangue caldo enervi a fior di pelle, è un foot voltaico ad altissima tensione, ricoperto di tatuaggi, con la barba da hipster secondo moda e look (ma i calciatori sanno che roba sia hipster, già sono ricchi, già vivono in zone emergenti, ma il resto?), De Rossi Rosso, dicevo, ha macchiato la sua fedina calcistica con una serie di comportamenti non proprio degni di un grande professionista. Capisco il gioco maschio, aggettivo non corretto politicamente, capisco il gioco duro, questo sì è accettato, ma poi se le dai le devi anche subire, non puoi fare la sceneggiata dell’innocente che ha preso soltanto il pallone, con toccata e fuga codarda dopo il fallo, in verità accanto al pallone c’era anche tutto il resto e infatti Maxi Pereira è rientrato a casa in sedia a rotelle.
Basta, la Roma ha pagato le colpe ma adesso prevedo la sfilata di avvocati di ufficio, la grande bellezza romanista, a difendere il ragazzo che nulla ha fatto di male. Chiedetelo ai suoi compagni, chiedetelo a Spalletti che cosa sia veramente costato quell’intervento volgare. E aggiungo un’altra nota: se non si fosse infortunatoMarchisio, nell’ultima fetta della stagione, De Rossi non avrebbe fatto parte della spedizione europea. Ha ricevuto la convocazione per disgrazia altrui, bene si è comportato agli ordini di Conte (con il quale i rapporti non sono stati mai eccellenti). Ora ha chiuso con la Champions. Ha chiuso con il futuro europeo. E’ un capitan smarrito, un futuro anteriore, un trapassato remoto. Peccato buttare via così un talento comunque bello. Alla prossima. Spero di no