(B. Saccà) Solido in difesa. Equilibrato in mediana. Talentuoso in avanti. Il Porto certo non sarà un rivale europeo morbido, per la Roma di Luciano Spalletti. Tanto per cominciare, va annotato che il campionato portoghese debutterà venerdì sera: e ad inaugurarlo sarà proprio la squadra di Nuno Espirito Santo, opposta al piccolo Rio Ave. Per cui è facile immaginare che saranno più preparati dei giallorossi sotto un profilo atletico, i Dragoni. Poi bisogna ricordare pure che il Porto ha chiuso la scorsa Primeira Liga al terzo posto della classifica, sistemandosi alle spalle del Benfica e dello Sporting Lisbona. Insomma del gruppo delle teste di serie del sorteggio, i lusitani erano fra i club più pericolosi.
LE LINEE – Venendo al piano tattico, Espirito Santo in genere si affida al 4-2-3-1, anche se spesso vira verso il 4-3-3. Così, davanti all’ex portiere madridista Casillas, si allineano i quattro difensori Pereira, Marcano, Martins Indi e Telles. Al centro del campo, invece, si distende una linea formata da Neves e da Danilo Pereira, appena laureatosi campione d’Europa con il Portogallo di Fernando Santos. Il trio dei trequartisti poggia su Brahimi, Herrera e su Corona. A trascinare l’attacco provvede infine il camerunense Aboubakar, classe 92, autore di 13 gol nell’ultimo campionato.
QUEL RIGORE – Il perno della squadra però è il tecnico Espirito Santo. Quarantadue anni, era il secondo portiere del Porto di José Mourinho, quello che vinse la Champions League nel 2004. E devono essere stati gli anni trascorsi con Mou a lasciare sui taccuini, e nella mente, di Nuno l’orma di una serie di idee tattiche. Pur giocando tra i pali, nel 2003, durante una sfida di Coppa del Portogallo contro il Varzim, Espirito Santo riuscì anche a segnare su calcio di rigore. Per un anno e quattro mesi, compresi fra il luglio del 2014 e il novembre del 2015, ha guidato il Valencia, raccogliendo quasi il 52 per cento delle vittorie e centrando comunque un buon quarto posto nella Liga. Al Porto è approdato giusto 66 giorni fa, a sostituire José Peseiro. Ma, in fondo, non è stata una rivoluzione epocale. Perché il presidente Pinto da Costa ha cambiato sei allenatori negli ultimi 36 mesi. Sei. Neppure fosse un presidente italiano…