Intervista molto ricca a Julio Sergio, ex portiere brasiliano della Roma che per anni è stato terzo di lusso nell’era Spalletti e poi è esploso improvvisamente sotto la guida di Ranieri:
Se dico Julio Sergio Bertagnoli vengono 3 momenti fondamentali: le dichiarazioni di Spalletti (“È il miglior terzo portiere del mondo”), il rigore parato a Sergio Floccari e le lacrime durante Brescia-Roma. Puoi raccontarci questi 3 momenti?
“Nel calcio, il calciatore deve capire il suo momento, le cose cambiano velocemente. Dopo il provino sono arrivato come terzo portiere, amavo la società e la città e ho sempre fatto il mio meglio. Spalletti fece questa battuta ma ha sempre avuto rispetto e grande stima di me. Avevamo una bella squadra e sono rimasto senza problemi ad aspettare il mio momento. Per quanto riguarda i derby credo di essere stato protagonista e fortunato in tutti quelli che ho giocato, erano bei tempi per noi della Roma, ma quel giorno è stato veramente particolare per tutti, Ranieri che sostituì Totti e De Rossi all’intervallo, un derby particolare, ma alla fine è stata veramente una gioia! Brescia-Roma credo che fosse l’anno della mia conferma ma la squadra non aveva lo stesso rendimento dell’anno precedente, feci uno sbaglio pensando di arrivare prima del giocatore del Brescia, invece arrivai dopo e mi causai una microfrattura. Non avevamo più cambi e ho deciso di rimanere in campo, ma faceva davvero male. Tornando a Roma alle 3 di mattina non riuscivo a dormire e chiamai il medico della Roma facendomi portare al Gemelli perché non ce la facevo più e da lì ho perso almeno 60 giorni dove sono rimasto fuori e quelli sono stati giorni cruciali per la mia carriera nella Roma”
Che sensazioni porti di quella stagione 2009/2010, quando contro la Sampdoria sfumò uno scudetto che sembrava alla portata? Prevalgono le sensazioni positive per la tua splendida stagione o il rammarico?
“Quando ero allenato da Ranieri avevo un grandissimo allenatore di portieri, Giorgio Pellizzari. Lui mi diceva sempre che a tanti calciatori mancavano 50 centesimi per fare un milione, quel momento sono stati i nostri 50 centesimi. Quella stagione avrebbe cambiato la vita di tutti, vincere lo scudetto a Roma deve essere una cosa straordinaria, come dice spesso Zago. Una volta in un’intervista mi hanno chiesto se avessi rimpianti nei miei sette anni e mezzo in giallorosso e io ho risposto di no, ma quella sarebbe stata la stagione che avrebbe cambiato la mia vita. La Roma, la città mi hanno dato tanto, ma quella sarebbe stata la stagione perfetta con lo Scudetto. Sicuramente sarà sempre una stagione indimenticabile, ma lo scudetto sarebbe stata una cosa straordinaria che non succederà mai più”.
Sei arrivato un po’ in sordina ma poi hai esordito contro la Juventus, in una partita importante. Cosa hai provato quando sapevi che saresti sceso in campo?
“Io non ho mai avuto grosse doti fisiche, non sono un portiere classico, ma avevo una velocità sopra la media dei portieri e ho avuto sempre buoni riflessi. Quel giorno qualcosa mi diceva che avrei avuto un’opportunità, come tutti gli anni mi sono allenato e dopo tanti fattori ho fatto il mio esordio. È stato importante per me, anche se abbiamo perso le persone hanno parlato bene di un portiere esordiente che aveva 30 anni. Questa cosa mi ha alzato il morale nelle partite importanti. Quando ho fatto quella parata su Mauri nel derby la gente ha capito che non c’era uno stupido in porta, pur non avendo la tecnica italiana. Io sono sempre stato uno che faceva la differenza con la testa dentro lo spogliatoio, perché se nella vita fai una cosa la devi fare al 110%: anche da terzo portiere e anche ora”.
Puoi svelarci qualcosa su quel gruppo che contese lo scudetto fino all’ultimo all’Inter del triplete?
“Il primo anno avevamo una squadra forte, con ragazzi che facevano la differenza. È arrivato Toni, un ragazzo per bene, un grandissimo calciatore e una persona eccezionale; c’era Menez, che non si è confermato come calciatore ma per me è uno dei calciatori più tecnici coi quali ho giocato. Avevamo una rosa importante, il primo anno è stato molto buono, il secondo è stato diverso, avevamo pretese individuali più forti di quelle della squadra dato quello che avevamo fatto l’anno precedente e lì abbiamo avuto qualche problema terminato poi con l’esonero di Ranieri, che ha fatto convenienza a qualcuno dentro lo spogliatoio. Dopo le cose sono cambiate col passaggio della società ad un altro gruppo”.
Qualcuno ha remato contro Ranieri?
“No, è normale che tutti vogliono giocare ma ci sono scelte e gerarchie di rispettare. A volte si parla di Totti, lui ad esempio è un ragazzo eccezionale che non ci sarà mai più nel calcio, per quello che ha fatto dentro e fuori dal campo. Magari fossero tutti come Totti, una leggenda per quello che fa fuori dal campo. Lui poteva essere una persona permalosa e mettere le mani dove non gli compete, ma lui non lo fa, si diverte e gioca a calcio. Magari tutti avessero il suo carattere, ma purtroppo quelle che non sono le stelle, sono quelli che vogliono decidere le cose nel modo diverso e queste cose non vanno bene”.
Parlando di gerarchie, può essere un problema per un portiere non sapere chi è il titolare?
“Ci sono tante cose diverse nel calcio, in Brasile si sapevano gli 11 titolari dal venerdì, in Italia solo due ore prima della partita. Per un portiere è meglio essere sicuro e avere la fiducia dell’allenatore: quando ero a Roma con Spalletti, sapevamo che Doni aveva la sua fiducia giocando benissimo e meritandola. L’allenatore presto sceglierà uno dei due o magari farà giocare uno in Europa League e uno in campionato, ma sicuramente una scelta ci sarà, perché un portiere deve avere continuità”.
Cosa ne pensi di Spalletti, Ranieri e Montella? Quali sono le differenze tra i tre?
“Spalletti è uno che conta nel calcio italiano, sa bene come funzionano le cose e ha un metodo di lavoro particolare ma piacevole: c’è sempre quel professionalismo che deve fare la differenza, ma lui le cose che deve dire te le dice in faccia. Questo per me è un bene, perché tutti capiscono. Ranieri è un gentleman, cerca sempre di creare un ambiente tranquillo, ma spesso nel calcio le persone non capiscono le sue intenzioni. Io mi sono trovato bene con lui, ma non perché mi faceva giocare, perché mi sono trovato molto bene anche con Spalletti. Con Montella ho avuto poche opportunità, venivo da un infortunio e dopo mi sono rifatto male; lui preferiva Doni, è normale, ma dopo si è confermato un grande allenatore con un grande staff. Se le cose vanno bene le persone sono tranquille, se vanno male gli allenatori vengono cambiati”.
Un giudizio tecnico su Alisson?
“Lui ha qualità fisiche impressionanti, in Brasile ha fatto bene ma il calcio europeo è molto diverso. Mi ha fatto piacere che abbia fatto un esordio positivo in Champions League. Adesso o lui o Szczesny avranno modo di giocare con continuità, sono due grandi portieri. L’anno scorso ho visto giocare Szczezny, ha fatto grandi partite per la Roma e tocca Spalletti a decidere. Mi aspetto che quello che gioca faccia il bene della Roma, l’importante è capire che una squadra che punta in alto deve avere portieri forti”.
Quanto è importante per un calciatore avere dirigenti importanti e che si facciano rispettare?
“Per un calciatore la dirigenza conta poco, basta che le cose siano fatte bene, che poi il presidente stia nello spogliatoio o no è una cosa che devono decidere l’allenatore o il direttore sportivo. Per un calciatore non conta vedere il presidente tutti i giorni. Esistono due cose importanti: quello che dice il campo, e purtroppo la Roma non è più in Champions, e l’allenatore. La dirigenza deve sempre stargli vicino, perché certe cose vanno risolte subito e se non c’è prossimità tra allenatore e dirigenza, questa cosa fa la differenza”.
Quindi la dirigenza può essere importante?
“Esattamente. L’allenatore deve avere la fiducia e la presenza della dirigenza, ma per i calciatori non è così importante. Ad un calciatore piace giocare, star bene, che i problemi siano risolti. Io la vedo così, poi magari ci sono giocatori a cui piace essere coccolati e trattati in modo diverso dagli altri, ma gestire un gruppo importante è necessario che ci sia un allenatore di prestigio che parli subito dei problemi e delle soluzioni per gestire lo spogliatoi”.
Quattro nomi: la favorita, chi ha fatto il miglior mercato, il miglior allenatore e l’outsider.
“La Juve è sempre un passo avanti: ha una rosa importante, è abituata a vincere e gioca competizioni importanti. La Roma avrà un altro mese di sofferenza ma poi troverà sicuramente la strada giusta e resterà almeno in zona Champions. Il Torino potrebbe essere una sorpresa: ha un allenatore che mi piace e può fare qualcosa, ma non so chi tra Milan, Inter e Napoli prenderà la strada giusta. Spalletti è cresciuto tanto dopo che è andato via dalla Roma, ha imparato tanto allo Zenit, se riesce a gestire bene l’ambiente Roma, che è un ambiente difficile dove si sentono subito vittorie e sconfitte, farà benissimo il suo lavoro e potrà fare la differenza”.
Una figura come quella del terzo portiere è importante in uno spogliatoio? Come valuti il rinnovo di Lobont?
“Senza dubbio, perché tutti dentro lo spogliatoio sanno che il terzo portiere non giocherà mai. Ma la presenza di una persona positiva, che si allena al massimo, che porta la squadra sù è importante per far capire agli altri che il proprio lavoro va sempre fatto bene. Una squadra non è fatta da 11 giocatori, ma da 22 persone. Lobont è un ragazzo per bene, penso sia una figura importante, poi c’è chi pensa che sia più importante un giovane di prospettiva, ma l’ambiente per me è più importante di qualsiasi altra cosa. Il terzo portiere non avrà quasi mai un’opportunità, ma avere uno che fa questo lavoro ha tanto valore”.
Il miglior preparatore dei portieri con cui hai lavorato?
“Io mi sono trovato bene con Giorgio Pellizzaro, per il suo metodo di lavoro, ma penso che purtroppo non alleni più. Bonaiuti fa un lavoro veramente importante, non è una persona facile con cui convivere perché è una persona chiusa, ma il suo lavoro mi ha aiutato tantissimo e mi ha dato tanto. Ho avuto poche opportunità di lavorare con Tancredi, poi sono passato al Lecce, una scelta di cui mi sono pentito tantissimo. Non ho lavorato con molte persone in questo senso, quindi sicuramente dico che Bonaiuti è uno dei più forti”.
Fonte: Talk Radio