Gli stadi italiani sono mezzi vuoti. E lo saranno sempre di più se la maggior parte dei club continuerà a far finta di niente, beandosi dei quattrini dei diritti televisivi e continuando a infilare la pratica in fondo alla pila delle urgenze. I dati sono lì da vedere, nelle prime due giornate di serie A -8% di spettatori rispetto alla media delle ultime dieci stagioni, per una percentuale di riempimento ( load factor , il termine tecnico) del 51% che rappresenta il dato peggiore dal 2007 a oggi, -2% secco rispetto a un anno fa, -4 sul 2014/15.
Parlare di tendenza non rende l’idea, questa è un’emorragia, e a poco serve specificare che sulla media attuale di 21.369 spettatori per partita — nel 1990/91 era 33.255 — pesa il caso del Crotone, al quale per via dell’inagibilità dello Scida è toccato trasferirsi a Pescara per ospitare il Genoa (821 paganti). Le cause sono sempre le stesse: impianti scalcagnati e scomodi, spettacolo non di rado modesto, procedure d’ingresso lente e scoraggianti, biglietti spesso insensatamente troppo costosi. È il caso di Napoli: per la partita col Milan il presidente De Laurentiis chiedeva 40 euro per un biglietto di curva A, rimasta infatti vuota. Va bene che Maradona e Van Basten non ci sono più da un pezzo, ma il dato di 27.231 presenze mette addirittura tristezza.