(A. Angeloni) Dove eravamo rimasti? Al 27 giugno scorso. L’Italia sognava, mentre la Spagna finiva in frantumi, così come la coscia di Daniele De Rossi, sacrificata per quella vittoria a Saint Denis, covo della Francia vice campione d’Europa e avversaria stasera dell’Italia, che non è più di Conte ma di Ventura. Passano i ct e Daniele è sempre qui, pronto a ricominciare fin quando ne avrà e fin quando, come lui stesso sostiene, gli allenatori decideranno di farne a meno. Qui non ci sono punizioni e il codice etico è roba di Prandelli, due ct fa, o roba per fatti più eclatanti. De Rossi è stato accolto a muso duro, ma con zero punizioni: «Certi interventi evitiamoli, perché ci rimetti tu e la squadra», in sintesi il colloquio con il ct Ventura. Un brutto fallo di gioco, questo è stato, non una gomitata, non una reazione scomposta, non un aggressione a avversari o arbitro: quel fallaccio gli è costato la fascia di capitano nella Roma e alla Roma la qualificazione (e non solo per colpa sua); la Nazionale ci è passata sopra proprio perché trattatosi di un fallo.
UNA STRADA DIVERSA – In Nazionale, De Rossi, ha un vissuto diverso: qui non fioccano le espulsioni. Delle 14 subite in carriera, in azzurro Daniele è fermo a due, con nove anni di mezzo tra l’una e l’altra e 106 presenze e 18 gol. In entrambi i casi, gesti scriteriati, quelli sì: il primo al mondiale 2006, Daniele era un bambino rampante, per la plateale gomitata a McBride; il secondo un anno fa, contro la Bulgaria, per fallo di reazione su Mitsanski. Lippi, dopo essersi arrabbiato, alla fine della squalifica gli ha regalato mezz’ora (più i supplementari) della finale con la Francia, Conte, dopo la notte di Palermo, complice anche qualche infortunio di troppo, stentò a chiamarlo in Nazionale. E quando Daniele è stato a un passo dall’esclusione dall’Europeo, ecco l’infortunio di Verratti a riaprirgli la porta della Nazionale. Oggi si ritrova in azzurro con il rientrante parigino, che non può essere al top, ma Ventura regala al romanista la maglia da titolare. Al di là di certi suoi errori, De Rossi resta un veterano azzurro: ha esordito con Lippi, è passato per Trapattoni e Donadoni, ha vissuto da leader l’Italia di Prandelli e di Conte. Dodici stagioni in azzurro, dal 2004 ad oggi: 37 amichevoli (5 reti), 12 gare di Europeo (1), 8 del Mondiale (1), 19 di qualificazione europea (3), 23 dei mondiali (6), 7 partite di Confederations (2). A Bari ha anche segnato nella prima di Conte contro l’Olanda, settembre 2014. Si ricomincia, sempre da qui. Con qualche anno in più e sempre con quel dubbio sul suo futuro in giallorosso che gli frulla nella testa. Quello è il suo problema maggiore, forse. Fascia o non fascia.