(S. Carina) Quando si presenta davanti ai microfoni, l’adrenalina è ancora a mille. E così Luciano Spalletti alza i toni. Su tutto. A partire dal rigore: «Chi dice che non è rigore è di parte contraria, Dzeko subisce una botta forte che gli allarga la gamba, l’adduttore di 20 centimetri, è rigore netto! Fate vedere il pestone, gli apre la gamba. Le immagini sembrano riservare qualche dubbio in più e Lucio si inalbera: No, cambiate inquadratura – invoca a Mediaset Premium – il rigore c’è, me l’ha detto Dzeko che è uno che non cade mai. Lui non è un simulatore, è uno dei più corretti, non scherziamo. È rigore netto». Il suo è un crescendo che raggiunge il top quanto tocca l’argomento Totti: «La mia volontà e attenzione è quella di far nascere chi possa sostituire Totti nel cuore degli sportivi, però se faccio questo poi si dice che sono contro di lui. Io voglio 4-5 Totti, altrimenti non si vincerà niente. Su Totti potete dire quello che volete. Voi avete scritto che è l’ultimo anno di Francesco, per me può continuare, è infinito. Siete voi che lo volete far smettere prima del tempo». L’ennesima provocazione. Senza voler ricordare i tira e molla poco edificanti sul contratto, la richiesta di rispetto da parte del capitano, l’abbandono del ritiro prima di Roma-Palermo e le frasi di Pallotta («Ha un talento incredibile, ma il suo corpo non può più fare quello che gli dice la mente»), basterebbe rileggere la prima riga del comunicato emesso il giorno del rinnovo (“È ufficiale: Francesco Totti indosserà la maglia della Roma per un’ultima stagione”) per capiremolte cose.
DOMINIO ASSOLUTO La vittoria non lo rasserena. Non è d’accordo nemmeno con l’analisi della gara quando gli viene rimarcato come nel primo tempo la squadra sia andata spesso in difficoltà: «Mi sembra esagerato che tutto il primo tempo sia andato male. Per 25 minuti abbiamo fatto la Roma, poi negli ultimi 20 ci siamo montati sopra e siamo calati nella personalità. Loro sono passati in vantaggio in maniera giusta. Nella ripresa abbiamo invece giocato bene. Alla fine sono stati 70 minuti per noi e 20 per loro. Mi dispiace per la Sampdoria ma la Roma ha vinto meritatamente. Di Viviano si parla dopo, io sono cresciuto con Yashin, sembrava lui». Il discorso scivola rapidamente sulla personalità della squadra e le parole del tecnico sono stilettate mirate: «Io parlo di tutto, poi vedo che non si riesce a passare una palla a cinque metri e la si dà all’avversario. E vedo che non si prendono più delle responsabilità nelle scelte da fare, addirittura qualcuno non vuole la palla. Poi però passa il messaggio che Spalletti non sa insegnare bene perché i giocatori hanno la possibilità e non lo fanno. Voi accusatemi e io glielo riporto ai giocatori. Florenzi oggi ad esempio ha giocato terzino creando sempre superiorità numerica per cui va fatto giocare là se si comporta così. A Cagliari invece non è mai partito. In quel caso lì allora come terzino ci vuole Ruediger. Io non ho la soluzione immediata alle cose, però guardo e mi rendo conto che bisogna alzare l’asticella del valore e dell’autostima». Magari senza cadere nella sindrome d’accerchiamento: «A Roma c’è il carico di essere la Roma. Ci sono quelli che ci vogliono spaccare dalla mattina alla sera, che vivono per vederci spaccati e bisogna sopportarlo». E siamo soltanto alla quinta gara ufficiale della stagione.