(F. Bocca) – Noi siamo un popolo molto singolare, che si affanna e si commuove quando ogni quattro anni ci sono le Olimpiadi. Che si fa sportivamente evoluto quando vede gareggiare la Pellegrini o addirittura vincere Campriani e Zanardi a Londra o a Rio. Quando però tocca farlo a noi, quando dovremmo essere noi a dare questa possibilità agli atleti di tutto il mondo, allora diventiamo tutti Catone il Censore: perché in Italia si ruba e soprattutto “tanto paga Pantalone”. Per due volte ci siamo candidati alle Olimpiadi e per due volte ci siamo ritirati a metà strada, e non voglio darne la colpa solo a Virginia Raggi, sindaca di Roma, che ha detto l’ultimo no. E’ evidente che non siamo capaci a rappresentarci a tutti i livelli e che il nostro destino è sempre quello dei capponi di Renzo che si beccano pur essendo tutti condannati a fare una brutta fine. Se è vero che le Olimpiadi sono un’occasione per rubare e un fallimento economico per definizione il vero no alle Olimpiadi sarebbe non solo quello di non organizzarle, ma anche di non parteciparvi in assoluto. Perché è evidente che se le Olimpiadi le fanno a Pechino, Londra, Rio o Mosca noi andiamo molto volentieri con tutto il nostro carico di speranze e buoni sentimenti, ma se tocca a noi col cavolo. Insomma è la globalizzazione all’italiana, se ci fa comodo ci stiamo, altrimenti andiamo molto più comodamente ospiti a casa degli altri.
Detto questo noto che a Roma si può fare il terzo stadio per il calcio, con annesse torri e centri commerciali, ma le Olimpiadi no.