Edin Dzeko e il Palermo all’Olimpico, 245 giorni dopo quell’errore a porta vuota del bosniaco che divenne un video virale sui social e il principio di un mondo di cattiverie, con fotomontaggi a corredo in cui Dzeko veniva dipinto – nel migliore dei casi – come un non vedente. Ora che le doppiette Dzeko le mette in fila – siamo a tre stagionali, due in giallorosso (Crotone e Napoli) e una in nazionale (Cipro) –, quei fotomontaggi valgono come il punto più basso di una curva che è tornata a salire, salire fin lassù, sul posto più alto della classifica cannonieri. I numeri oggi raccontano di un Dzeko che all’Olimpico, fin qui, ha sempre segnato in campionato: 4 partite e 5 gol, difese mandate al mare fuori stagione o in montagna un po’ in anticipo, punti regalati aSpalletti, malelingue ormai date per disperse e scettici in via di estinzione.
C’è una ragione tattica e una psicologica nell’evoluzione del bosniaco. La prima porta la firma di Spalletti, che forse ha riletto il curriculum del bosniaco e ha (ri)scoperto che Dzeko, dalla Bundesliga in giù, ha sempre dato il meglio di sé con una punta nei paraggi. Ecco perché Salah, pur partendo sempre da una posizione defilata, in questa stagione finisce per giocare molto più vicino al compagno di reparto. L’altra è psicologica: è legata a un attaccante che Spalletti ha capito come e quando stimolare, pubblicamente e in via privata. Ora Roma e Dzeko sono semplicemente complici: quando lui segna, la Roma vince. Sempre.