Sabatini mancherà meno. Il professionista, s’intende, perché l’uomo, quell’«etrusco residuale» con un passato alla Lazio ma che dice di essersi innamorato della Roma, viene salvato. Il direttore sportivo, invece, in generale viene appena promosso, perché in fondo ai tifosi delle plusvalenze e della patrimonializzazione interessa fino a un certo punto. Restano 5 anni e zero trofei, resta l’onta del derby di Coppa Italia perso con la Lazio.
Impossibile scindere le due cose – scrive la Gazzetta dello Sport -, stando a quanto diceva lui stesso in conferenza: «In questi 5 anni l’uomo non c’è più stato, sono stato sempre e solo il d.s. della Roma». Per questo, forse, il rapporto si è logorato in fretta, visto che da tempo tutto quell’entusiasmo che aveva accompagnato l’arrivo di Sabatini e della proprietà americana è andato scemando.
Infuocate poi sono state le dichiarazioni sulle commissioni e su Totti: Nobel per la fisica sì, tappo per gli altri giocatori pure. Più apprezzate le frasi sulla mentalità: «Qui si vince e si perde nella stessa maniera». Nel bene e nel male anche nel giorno dell’addio, Sabatini fa discutere, e di questo dibattito si percepirà l’assenza.