(U. Trani) Carlo Ancelotti, 57 anni, è ancora lontano dall’Italia. Da questa stagione il suo glorioso tour in Europa si arricchisce con l’esperienza al Bayern Monaco. Ma dalla Baviera resta con lo sguardo fisso sul nostro campionato. Che al momento non gli manca. «Perché qui c’è stabilità e organizzazione. E gli stadi, in Bundesliga, hanno quarantaduemila spettatori di media a partita». E’ il Re della Champions, tra i tecnici del continente, con il record dai 3 successi (le 2 con il Milan e la Decima con il Real, senza dimenticare le 2 da giocatore sempre in rossonero) insieme con Bob Paisley (3 con il Liverpool). Se ne intende, insomma, di grandi sfide da dentro o fuori come lo è lo spareggio di sabato al San Paolo tra il Napoli e la Roma. Che, a sentirlo, non vale solo per il secondo posto. «Dopo sette giornate, il campionato non è finito. Fidatevi».
Sarri ha detto il contrario, lo sa?
«Sì, ma io non sono d’accordo. Tutto può succedere, le partite vanno giocate e ce ne sono ancora trentuno a disposizione. Il Napoli e la Roma sono leggermente inferiori alla Juve e oggi non devono guardare la classifica. Fin qui non si sono espresse al cento per cento. Ma possono lottare con i bianconeri per il titolo».
Il Napoli, però, ha appena perso Milik: pensa che così sia ancora più difficile recuperare? «Sarà un’assenza pesante. Si era inserito bene, risultando molto efficace pur non essendo, come caratteristiche, un finalizzatore come Higuain. Si era adattato alla grande al gioco di Sarri. Adesso tocca a Gabbiadini dimostrare il suo valore. È forte e, giocando con continuità, può diventare decisivo. Anche perché è l’unico centravanti in rosa, gli altri possono fare solo gli esterni».
Spalletti, invece, ha finalmente ritrovato Dzeko: se l’aspettava?
«Ma come si fa a discutere uno come lui? Certo che gli va data fiducia. E’ sempre stato un grande attaccante. Gli alti e bassi fanno parte della carriera di ogni giocatore, ma lui i gol li ha sempre fatti. Vale quindi la pena insistere su uno come lui».
La Roma, battendo l’Inter, si è ripresa dopo una partenza deludente. Crede che la rosa sia da scudetto?
«È una grande squadra, con una difesa forte e un centrocampo di qualità. Davanti ha attaccanti che possono esaltare le doti di Dzeko. E c’è sempre Totti… Non si deve, dunque, fermare a quel successo contro i nerazzurri. Può ripetersi contro chiunque. In Italia è competitiva. Per la verità pensavo anche in Champions, l’eliminazione ha sorpreso me e tanti altri colleghi. Ora ha la possibilità di rifarsi in Europa League».
Spalletti si è, però, trovato in emergenza in difesa con gli infortuni di Ruediger, Mario Rui e Vermaelen. Senza rotazione, come si va avanti?
«Ha comunque Manolas e Peres, cioè gente di alto livello. Ormai noi allenatori dobbiamo saper convivere con i tanti forfait. Siamo abituati».
La Roma può sfruttare la distrazione del Napoli che è impegnato in Champions?
«Nessun vantaggio, date retta me. La coppa non inciderà sul rendimento della squadra di Sarri. I giocatori sanno come recuperare anche se vanno in campo ogni tre giorni e le rose numericamente sono assemblate per non avere scompensi da una gara all’altra».
Quali sono le differenze nel gioco delle due rivali?
«Non troppe, nemmeno nel modo di stare in campo. Il Napoli punta su una maggiore ricerca del possesso palla, la Roma è spietata quando verticalizza. I punti in classifica, però, vengono sempre dall’equilibrio. Sono entrambe attrezzate per essere le prime rivali della Juve. Soprattutto per la qualità dei singoli».
E’ stato mai cercato dai due club?
«Dal Napoli mai, anche se ho un bel rapporto con De Laurentiis: ci siamo parlati spesso quando Lavezzi venne al Psg. La Roma mi chiamò quando a Trigoria c’era ancora Capello. Poi anche dopo, ma sono passati tanti anni. Chi lo sa che un giorno… Mai dire mai. Si dice sempre così. O no?»