(A. Angeloni) L’ambiente inglese (ri)lancia la battuta: «I tifosi della Roma hanno assistito a un miracolo di Dio: a Dzeko è stata ridata la vista». Cioè Edin non è più Cieco, parafrasando un vecchio refrain nato proprio da queste parti, perché proprio da queste i tifosi sanno ridere e scherzare anche sui loro calciatori e Dzeko lo scorso anno non ne azzeccava una, quindi era Cieco. Gli stessi che lo hanno preso in giro, oggi lo esaltano e sono felici. Così è il calcio, così è in tutto il mondo, in ogni ambiente: si scusava Edin per i gol falliti, si scuseranno oggi chi gli dava del Cieco e si va avanti. Poi chi non ci vuole stare e la butta sul moralismo, pazienza, ce ne faremo una ragione. Il bello di Dzeko, al di là dei gol, è che lui stesso ha capito e ammesso che la ruota ha preso un altro giro. Centrato il bonus: dieci gol in dieci partite. Come Batistuta 2000/2001, urlano gli statistici. Quindi? Scudetto come nell’anno di Gabriel. Forse, ma non può essere una conseguenza logica. Di logico e incontrovertibile c’è che Edin segna tanto, come l’argentino, e come se stesso, prima che diventasse Cieco, ovvero quando era al City, l’anno dello scudetto firmato Roberto Mancini. Quattordici gol complessivi in quella Premier League e dieci nelle prime sue dieci partite (otto in nove gare), come oggi. Anche quell’anno era riuscito ad andare a segno per quattro gare consecutive, come ha fatto per ora in questa stagione (Inter, Napoli, Palermo e Sassuolo). Analogie. Higuain lo scorso anno, alla decima giornata aveva segnato 8 reti (36 a fine stagione). In Europa con questi numeri, oggi Edin è tornato a dettare legge: meglio di Cavani (Psg, nove reti in nove partite); Messi e Suarez (Barcellona), a segno 7 volte nei primi 9 turni (Leo non ha giocato nemmeno tutte le gare); sette gol in nove match per Diego Costa (Chelsea), al comando della Premier davanti a Lukaku (Everton); sette in sette gare per Aubameyang (Dortmund); sette in sei per Lacazzette (Lione), otto in nove partite per Modeste (Colonia).
L’ELEGANZA DEL CIGNO Nessuno meglio di Dzeko, che ora viene spesso ricordato come il Cigno di Sarajevo, ricordando van Basten, Cigno di Utrecht, suo idolo. Ecco, forse tra i bomber contemporanei fin qui citati, Edin somiglia – per caratteristiche fisiche – di più all’olandese, se non altro per le movenze e per la non cattiveria che spesso evidenzia Spalletti stesso. Van Basten era bello, forte, poco rude e allo stesso tempo un killer d’area di rigore, caratteristiche che per ora tornano ad essere perfette per il bosniaco. Van Basten ha vissuto periodi brevi di luminosa grandezza in Italia, colpa della caviglia che lo ha costretto a smettere presto. Il milanista nelle prime dieci giornate di campionato non è mai riuscito a segnare così tanto, né vi ci è mai avvicinato. Solo ad un certo punto della sua migliore stagione in rossonero, quella del Pallone d’Oro, è riuscito a fare anche meglio di Dzeko e di tutti, realizzando undici reti in sei partite (consecutive), tredici in nove. Impressionate. Dzeko i sui dieci gol li ha distribuiti in sette partite, le altre tre sono quelle incriminate, quelle che hanno riproposto il vecchio Dzeko, quelle dei gol sbagliati, soprattutto quelle di Firenze e Torino. La terza è quella di Cagliari, dove è entrato nella ripresa e ha fornito l’assist per la rete di Strootman. Tre partite che la Roma, senza i suoi gol, non ha vinto: le altre sette sì, segnando in totale 26 reti. Dzeko, per la sua eleganza e per il tipo di calciatore che è, si distingue pure per gli assist: quattro in campionato fino a questo momento. Completo.