(T. Carmellini) – La domanda del giorno dopo e per certi versi scontata e lascia il tempo che trova: ma come hanno fatto un «etrusco» come si definisce l’ormai ex il ds romanista Sabatini e un presidente americano alla Pallotta a capirsi per oltre cinque anni? In che lingua hanno parlato? Cosi diametralmente opposti, ognuno legato al suo essere. Da una parte storia, tradizione e istinto, dall’altra novità, tecnologia e numeri. Chiaro, le aziende the funzionano si fanno cosi: tutto giusto il sistema organizzativo americano ma il calcio resta un’altra cosa. Alla faccia del fair play finanziario, dei bilanci e delle plusvalenze. Ma vaglielo a dire a un «europeo crepuscolare» comeSabatini, uno che darebbe il premio Nobel della fisica a Francesco Totti, chiedendo chiaramente scusa a Copernico, Keplero e la sua teoria della relatività. Uno che era arrivato a Roma convinto di poter realizzare davvero quella «rivoluzione culturale» e di vincere uno scudetto. Un sognatore, un romantico d’altri tempi che vive un altro mondo rispetto a un «bostoniano allegro». Ma ridurre le ragioni dell’addio alla lingua incomprensibile fa torto all’intelligenza di entrambi.