(G. Dotto) – Tre punti omerici per una Roma che perde i pezzi ma non la volontà di credersi grande. Sbancare il San Paolo. Impresa mai riuscita prima a nessuno nell’epoca Sarri. Prestazione di squadra, ma due su tutti, Dzeko eSalah.
Non solo per i tre gol che hanno steso il Napoli. La fiducia è il motore che ha riacceso il bosniaco, ma più e prima della fiducia è il sublime innesco dell’egiziano, un fenomeno, di cui solo la vocazione alla parola escrementizia di certo ambito romano riesce a dubitare.
Doveva essere il match da cui decifrare l’anti-Juve, se Napoli o Roma. Il quesito resta sospeso, ad essere generosi. A non esserlo, la risposta è nessuna delle due. Troppe cose mancano di qua e di là, soprattutto una decente fase difensiva. La Roma è anche in grave debito d’organico (si è visto tutto qui a Napoli), mentre il Napoli si ritrova a dover bocciare di brutto Gabbiadini, che doveva essere e non sembra essere la soluzione per medicare l’assenza di Milik.
A crederci è però il grande Lucio Spalla, da me labialmente intercettato mentre, strattonando affettuoso Jesus, gli fa: “Così, andiamo a vincere il campionato”. Urge che questo sia vero oltre che auspicabile. Ammazzare di noia il sesto campionato consecutivo sarebbe definitivo per un calcio che perde appeal, rango e spettatori.
Sarà l’improvvisa e incomprensibile calura, mentre mezza Italia altrove affoga, saranno i nervi tesi, sarà che Sarri per primo mastica tutto ciò che gli capita a tiro, sigarette vere e finte, ma partita strana al San Paolo, unica nel suo genere, bella e noiosa allo stesso tempo, dove tutto ciò che accade, nel bene e nel male, si ripete uguale e reciproco.
La palla che viaggia leggiadra e rapida a terra dentro difese allegre, errori banali e colpi virtuosi, svolgimenti notevoli del tema ma chiusure orrende, fino all’”incidente” del gol di Dzeko che svolta la partita alla fine del primo tempo. Palla dentro del bosniaco, ma invenzione rubata, tutta di rabbia e di fino, di Salah.
La Roma trova subito il raddoppio sempre con Dzeko, dentro una difesa nana che non riesce nemmeno a saltare su palla ferma. Ciò che Koulibaly riaccende, il resto della partita spegne, tra moltiplicazione di errori, corpi stremati e scoramento definitivo quando Salah riparte per l’ennesima, folle volta, trovando il 3 a 1 nel silenzio malato del San Paolo.
La faccia di Gabbiadini, restituito alla panchina, è il manifesto di questo Napoli. Disastrosa seconda sconfitta consecutiva a quattro giorni dalla Champions e la molesta sensazione d’essere giù fuori dai giochi che contano.