Roma-Pescara, Spalletti contro Oddo. È già aria di derby. Luciano e Massimo il derby l’hanno giocato, vinto, perso, comunque vissuto da protagonisti. Come una sera di 10 anni fa quando Oddo firmò su rigore uno dei gol del 3-0 con cui la Lazio fece passare una notte agitata alla Roma di Spalletti, la vittoria più larga di sempre dei biancocelesti in una stracittadina di A, il bagno al Fontanone di Delio Rossi e via così.
«Però adesso per me ora conta solo il Pescara e la salvezza», dice oggi Massimo. E no che non sbaglia, oltre ogni ragionevole pensiero retrodatato. Spalletti, che non affretta i recuperi di Manolas ed El Shaarawy prosegue dritto alla ricerca della felicità, che si traduce in un inseguimento perenne alla Juventus, finita sette gradini più su. La ricetta della «cattiveria bianconera» a Trigoria ancora non l’hanno trovata. Spalletti però offre un’altra chiave di lettura: «Penso sia difficile “allenare” la cattiveria – spiega il tecnico toscano –. O forse si può farlo non parlandone. Perché altrimenti vai a stimolare un difetto che viene soprattutto dal pensiero: se metti troppa attenzione su un gesto tecnico, è proprio in quel momento che finisci per sbagliare». Diverso, però, lo stimolo che Spalletti offre ai suoi giocatori: «Sulla personalità possiamo fare di più, dobbiamo fare maggiore attenzione, è un modo di essere che ti può portare vantaggi. I cali di tensione sono una mia responsabilità, da presidente vorrei un allenatore che la pensi così. E da allenatore vorrei dei giocatori che credano di poter incidere sul risultato. In passato non c’è riuscito nessuno? Vero, questo crea un po’ di timore… ma se la Roma mi richiamasse, io tornerei qui lo stesso».