I Pescara Rangers, gruppo della Curva Nord degli abruzzesi, ha rilasciato un comunicato sulla trasferta di domenica sera, in cui la squadra di Oddo giocherà contro la Roma. Queste le parole degli ultras:
“Domenica i Pescara Rangers non seguiranno la propria squadra allo stadio Olimpico. Questa è una decisione sofferta che va contro ogni nostro ideale, soprattutto in questo momento in cui la squadra ha più di tutto bisogno di Noi, del nostro sostegno e della nostra voce ma purtroppo è quella che riteniamo la più giusta; ci sono principi che vanno ben oltre i 90 minuti su un campo di calcio.
Non saremo presenti perché giocare in casa in uno stadio che dovrebbe vederci ospiti e contro una tifoseria ostile (che però diserta le partite casalinghe per una giusta lotta contro chi nella capitale pensa bene che il primo problema siano gli ultras tanto da dividere la Curva) non rientra nei nostri principi… Non c’è calcio senza avversari; ci piace essere padroni di ogni stadio con qualcuno di fronte a noi.
Non saremo presenti perché a Roma ci è vietato di essere e fare l’ultras; l’abbiamo già constatato sulla nostra pelle e pagato con multe e diffide semplicemente per non aver rispettato i posti assegnati sul biglietto nominativo. Uno stadio non può essere un teatro!! Teniamo a precisare che questo non è affatto vittimismo o un piangerci addosso; siamo sempre stati abituati a lottare per i nostri ideali e per la libertà non solo dell’essere ultras ma anche un cittadino italiano. Hanno trasformato lo stadio Olimpico negli ultimi anni applicando un militarizzazione degna di uno stato di Polizia dei regimi dittatoriali dove l’essere un libero cittadino non conta nulla; ci dispiace ma non ci adeguiamo. Ed è per questo che invitiamo tutti i tifosi biancazzurri ad appoggiarci e a seguirci in questa nostra decisione come sempre hanno fatto!!! A decisione già presa ci giunge la notizia del “caro settore ospiti”; abbiamo sempre fatto sacrifici anche in termini economici ma qualora occorreva un’altra prova a supporto di quanto sopra detto, l’abbiamo avuta immediatamente, il calcio era e deve restare della gente. Non si possono arricchire le casse societarie lucrando su una tifoseria che si sarebbe presentata in massa.
Non si può cambiare una cultura, un credo, qui non siamo in Inghilterra. IL CALCIO E’ DEL POPOLO E TALE DEVE RIMANERE”.