Una settimana particolare per Daniele De Rossi. C’è stata capatina dai tifosi lunedì scorso, ieri un centrocampo governato a dovere, un’esultanza senza filtri dopo il 2-0 e nel finale una dedica: da capitano ha portato i compagni a festeggiare la vittoria sotto una Curva Sud rimasta vuota per metà. «Era un abbraccio da parte di tutta la squadra – ha detto –. Per un tifoso dev’essere la morte interiore rinunciare a un derby. Non ne avevo mai vissuto uno così, è stato un giorno brutto: pareva di giocare in trasferta, sembrava Napoli».
De Rossi ha regalato momenti di estrema lucidità. Come quando – scrive la Gazzetta dello Sport – non ha voluto calcare la mano su Lulic: «Le sue sono parole brutte e non le giustifico, però quando esci sconfitto a volte il dispiacere ti porta a dire cose di cui poi ti penti subito. Laziali e romanisti dividono la città, non ci può essere guerra. Ce ne sono già tante, lasciamole altrove. E quanto detto dopo la partita spero rimanga qui».
«La vittoria ci dà tre punti d’oro, era strafondamentale vincere. Ma ora mica andiamo al Circo Massimo. Di nuovo al lavoro, sotto con Milan e Juve. Questo gruppo va in una direzione ben precisa». Sarà per questo che De Rossi ha avvertito intorno a sé un’aria diversa: «L’anno scorso vedevi gente che si parlava addosso e dava la colpa, ora c’è gente più motivata, lo staff tecnico ti tiene sempre sul pezzo. I campionati si vincono così. Ci siamo sempre detti che il nostro limite era quello di non portare a casa le partite incerte come fa la Juve. Bene, facciamoci i complimenti».