(M. Pinci) – Per una volta, chi sta meglio è l’inseguitore. Il paradosso dei paradossi, nel derby degli opposti. Attacco contro difesa, giovani contro vecchi, ambizione contro rivoluzione. Ma in partite così, soprattutto a Roma, niente è come sembra. La baby Lazio, con un organico da nemmeno 25 anni di media, ospiterà davanti a 40mila persone la “anziana” Roma, due anni più vecchia: eppure in campo sarà più bassa l’età dei giallorossi. Loro, con 33 gol, hanno segnato più di tutti in Italia e sono quarti in Europa. Contro, il muro laziale, il secondo meno battuto in serie A: eppure a giocare con cinque difensori sarà Spalletti, mica Inzaghi. Il primo affiderà le fasce a Bruno Peres ed Emerson per l’assenza di Salah. «Meglio per loro, si copriranno», avvisa Inzaghi, che può fare altrettanto avanzando Lulic in attacco al posto di Keita. Certo non sarà uno di quei derby da primi anni Duemila, con 22 star in campo e lo scudetto sullo sfondo, eppure vincere offrirà una corsia preferenziale per credere davvero di poter sfidare la Juventus: la Roma era partita con quest’idea, ma i risultati, nonostante il secondo posto, hanno minato le sue certezze. Alimentando invece quelle della Lazio, che insegue a un punto di distanza ma si sente finalmente pronta al sorpasso. Non lo dice nessuno, ma a Formello la convinzione passa per la bocca di tutti: «Dai che stavolta… ». Non foss’altro che per l’attesa estenuante: la Lazio non batte la Roma da 3 anni e mezzo, da quel derby della finale di coppa Italia. In campionato addirittura da 4 anni e 7 partite. E poi c’è quel tabù romanista che ha scandito la carriera dell’Inzaghi calciatore: un tipetto da 90 gol ma nemmeno uno alla Roma. Dei derby giocati ne ha vinto uno solo (più un altro entrando al 91’), ma quella vittoria valse lo scudetto. Che Inzaghi pensi ancora da calciatore in fondo lo dimostra dedicando una delle frasi della vigilia all’arbitro della sfida, quel Banti che «è stato l’ultimo a espellermi quando giocavo e il primo a farlo da quando alleno». I propri pensieri Spalletti li dedica invece ad altro: «Nel calcio non ci sono razze, c’è soltanto un pallone». Messaggio rivolto a un gruppo di tifosi laziali che giovedì a Formello aveva invitato i giocatori a battersi nel derby perché per loro sarà «una guerra etnica». Ma l’allenatore pare l’unico a non voler solleticare la pancia della piazza: la Lazio ha aperto le porte di Formello (con i risultati di cui sopra), la Roma s’è accontentata di dedicare una maglia speciale a questa partita. Società ripagate, visto che i laziali torneranno in massa all’Olimpico (pure ex Irriducibili, con rinforzi del Levski e del West Ham), mentre i romanisti hanno invaso Trigoria in mille. A Roma dicono che in città per ogni laziale ci siano tre romanisti. All’Olimpico, con 30mila laziali e 10mila romanisti, il rapporto sarà ribaltato. Succede, nel derby degli opposti.