Nell’articolo di ieri, vi abbiamo parlato della facilità con cui vengono concesse e poi lasciate, a vita o quasi, le scorte in Italia, soprattutto a Roma. Ricchi e imprenditori di tutto il mondo pagano per avere delle guardie del corpo, da sempre. Lo stesso Berlusconi ha sempre integrato, pagando di tasca sua, la scorta che gli veniva concessa come politico prima e poi come presidente del Consiglio. Lotito, invece, non solo non paga, ma grazie alla sicurezza e all’essere proprietario della Lazio, incassa. Tramite la Roma Union Security, società decisamente “chiacchierata” che opera nel ramo della vigilanza: soprattutto per i rapporti con Fabrizio Montali, socio in alcuni appalti milionari, rinviato a giudizio per riciclaggio, corruzione, intestazione fittizia di beni con l’aggravante dell’associazione mafiosa poiché presunto prestanome di Enrico Nicoletti, cassiere della Banda della Magliana… http://www.poliziotti.it/public/polsmf/index.php?topic=19611.0
La Roma Union Security è la società che per la vigilanza di Formello ha incassato dal 2007 a marzo 2014 dalla Lazio qualcosa come 8,328 milioni di euro: 957.000 euro nel 2006-2007; 1,203 milioni di euro nel 2007-2008; 1,25 milioni di euro nel 2008-2009; 1,465 milioni di euro nel 2009-2010; 1,210 milioni di euro nel 2010-2011; 860.000 euro nel 2011-2012; 883.00 euro nel 2012-2013 e 500.000 euro fini al 31 marzo 2014. Roma Union Security, è anche la società che aveva l’appalto della sicurezza della Regione Lazio quando nel palazzo della Regione spuntavano cimici come margherite: con Storace, con Marrazzo e poi con la Polverini. L’ultimo scandalo, ha aperto un po’ gli occhi anche sui rapporti tra Lotitoe le istituzioni, perché dopo aver smentito di avere rapporti con la Roma Union Security quando è esploso lo scandalo nel 2011, poi lo stesso Lotito ha detto che se le cimici stavano lì era perché qualcuno lo aveva chiesto. Quel qualcuno, era la procura che indagava su Manlio Cerroni, il “re dei rifiuti”, cercando di individuare la talpa dell’imprenditore all’interno del palazzo della Regione. Lotito “amico” delle istituzioni. Non è una novità, basta ricordare le intercettazioni del 2006 quando parlava con prefetto, questore e magistrati come se fosse lui a coordinare l’inchiesta sulla scalata di Chinaglia e i rapporti con gli Irriducibili. Basta ricordare come si è schierato al suo fianco il prefetto Pecoraro durante il periodo della contestazione. Basta ricordare i tanti appalti presi (in modo più o meno lecito, come leggerete sotto…) in questi anni da chi si fa pagare la scorta dallo Stato, quando grazie allo Stato ottiene appalti da decine di milioni di euro per fornire sicurezza ad enti locali, ASL, ospedali, ministeri. Il tutto grazie al biglietto da visita che gli garantisce la Lazio e grazie alle amicizie e alle protezioni di cui gode da sempre. Per capire come sono andate le cose in questi anni, vi riproponiamo questo articolo di un anno e mezzo fa, reso attuale dalla sentenza emessa il 6 giugno del 2014 dal Consiglio di Stato (come da PDF allegato) che ha respinto il ricorso della Roma Union Security, confermando l’annullamento dell’appalto per “manifeste irregolarità nella concessione dello stesso”… Strano, visto che Lotito si vanta di essere uno che fa tutto secondo le regole e che va in giro dando lezioni di gestione aziendale e di morale…
Vigilanza privata La torta di Lotito appalti milionari senza controlli «violazioni contrattuali, norme non rispettate e lavoratori lasciati per strada». L’affare sorveglianza negli ospedali di Roma
di Massimo Solani
Quando il 19 dicembre scorso il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro ha invitato tutti a Palazzo Valentini per il consueto brindisi natalizio, i flash dei fotografi erano tutti per il presidente della Lazio Claudio Lotito dato in procinto di scendere in politica per le imminenti elezioni Regionali. Al loro fianco, sorridente nonostante gli scandali che avevano travolto la sua ormai ex maggioranza, l’allora governatrice Renata Polverini. Un quadretto che non è sfuggito ai sindacati della vigilanza privata visto che il terzetto Polverini, Pecoraro e Lotito è da mesi al centro di una delle più intricate e opache vicende relative agli appalti milionari della Regione Lazio. Mesi di denunce, ricorsi alla giustizia amministrativa e complicate trattative ricadute sulla pelle di centinaia di lavoratori del settore finiti in cassa integrazione. Una vicenda su cui il Tar del Lazio ha imposto lo stop riconoscendo le irregolarità con cui gli appalti sono stati concessi e estromettendo, di fatto, il raggruppamento temporaneo di imprese che si è aggiudicato l’appalto. Una compagine variegata di cui Claudio Lotito, attraverso la sua Roma Union Security, è di fatto a capo con la collaborazione di personaggi dal passato poco limpido e guai giudiziari tutt’ora in corso. Ma andiamo per ordine. Ad inizio 2010 la Regione Lazio emette un bando di concorso «per l’affidamento del servizio integrato di vigilanza, sicurezza custodia-sorveglianza e fornitura di impianti tecnologici»negli ospedali della Capitale. Fra i soggetti che presentano le proprie offerte c’è anche un raggruppamento temporaneo di imprese composto essenzialmente da Città di Roma metronotte e Roma Union Security (ne fanno parte anche Securitas Metronotte e Flash&Capitalpol , ma saranno presto escluse dalla compagine) che alla fine si aggiudicherà due dei sei lotti in gara per gli ospedali San Camillo Forlanini, Spallanzani e Ares 118 (lotto 4) e per il Sant’Andrea e Policlinico Umberto I (lotto 6). Valore degli appalti, che avranno una durata fra i due e i tre anni, 25 milioni di euro più Iva, tre in meno della base d’asta. La Roma Union Security, però, è una vecchia conoscenza dei sindacati di settore. Da anni, infatti, si susseguono le denunce e le segnalazioni inviate all’ente bilaterale nazionale per la vigilanza privata e al suo omologo territoriale. Sembra, stando a quanto denunciato da Mauro Brinati, segretario Fisascat-Cisl per Roma e Lazio, che in azienda quasi nulla sia a norma: inadempienze contrattuali, strumentazioni inadeguate, pignoramenti delle attrezzature e mancato versamento delle quote del Tfr per i lavoratori. Agli addetti alla sicurezza, addirittura, l’azienda non pagava più le sessioni di esercitazione nei poligoni di tiro, essenziali per il mantenimento della licenza e del porto d’armi. Elementi che, segnala Brinati, basterebbero al ritiro del certificato di conformità necessario per partecipare a qualsiasi gara d’appalto. Mancanze che la Roma Union Security riconosce in un incontro davanti all’ente territoriale (18 giugno 2010) impegnandosi con i rappresentanti di Filcams-Cgil, Uil-Tucs e Fisascat-Cisl a porvi rimedio quanto prima. Passano i mesi ma nulla cambia e infatti le sigle di categoria continuano ripetutamente a chiedere incontri (disertati dall’azienda) e un parere di non conformità per la Roma Union Security che ne bloccherebbe di fatto l’attività. La situazione, se possibile, peggiora ancora e nel settembre 2011 la Fisascat-Cisl presenta una denuncia alla Prefettura di Roma, l’organismo cui spetta l’ultimo controllo in materia di vigilanza privata, alla Questura, al ministero del Lavoro e agli enti bilaterali nazionale e territoriale. Nell’esposto Brinati denuncia che l’azienda non paga la copertura sanitaria integrativa ai lavorati, non dispone di un ponte radio funzionante (in caso di emergenza le comunicazioni con la centrale avvengono via cellulare) utilizza auto fatiscenti e continua a non regolarizzare la propria posizione in materia di Tfr. La sede dell’azienda addirittura, sostiene Brinati, sarebbe sotto sfratto e sotto sequestro per il mancato pagamento dell’affitto. «Il dato più eclatante – si legge nel documento – è rappresentato dal fatto che il titolare e presidente della società, dottor Gianfranco Bellocchi, è stato per anni responsabile della divisione di polizia amministrativa presso la Questura di Roma, quindi riteniamo che sia perfettamente a conoscenza delle regole che disciplinano gli istituti di vigilanza privati e quindi anche la Roma Union».
PAGANO SEMPRE I LAVORATORI
Di fronte al silenzio della Prefettura e della Questura di Roma, i sindacati arrivano a proclamare uno sciopero per il 16 gennaio 2012, scongiurato soltanto dopo un nuovo incontro con i rappresentanti della Roma Union Security e un verbale di accordo con cui l’azienda si impegna nuovamente a sanare le inadempienze. In Regione, però, sembra che i problemi della Roma Union non siano così importanti da causarne l’esclusione dalla gara d’appalto: i lotti 4 e 6, infatti, vengono regolarmente assegnati al raggruppamento temporaneo di imprese di cui fa parte l’azienda e, a cavallo fra l’estate del 2011 e il gennaio 2012, la Roma Union avvia di fatto le procedure per iniziare il servizio negli ospedali. C’è un problema, però: l’azienda, come previsto dalle leggi regionali sul cambio appalto nel settore della vigilanza, dovrebbe assorbire i lavoratori già impegnati nel servizio con l’istituto di vigilanza uscente. Secondo i sindacati, infatti, alla Roma Union dovrebbero confluire 105 delle 145 guardie giurate già al lavoro negli ospedali. Dall’azienda però arriva un secco no anche alla proposta conciliativa, presentata davanti al ministero del Lavoro (8 novembre 2011) dalla Prefettura, che prevede il mantenimento in servizio di 85 lavoratori. «Il mancato accoglimento della proposta conciliativa – spiega al tavolo, secondo la ricostruzione dei sindacati, la dottoressa Maria Pia De Rosa della Prefettura – farà scattare sanzioni economiche e amministrative». Dieci giorni più tardi, quando le parti si rincontrano al ministero, è Claudio Lotito a fare irruzione sulla scena: il presidente della Lazio si presenta, per la prima volta, come proprietario della Roma Union e annuncia ai sindacati di aver già chiuso un accordo con il prefetto Giuseppe Pecoraro che prevede l’assorbimento di soli 60 agenti «a condizione – scrivono i sindacati in una denuncia – della messa in mobilità dei lavoratori stessi, al fine di usufruire dei relativi sgravi contributivi e rendere compatibile il conseguente costo del lavoro rispetto al ribasso concesso in sede di gara». Una operazione che a conti fatti porterebbe alle casse di Lotito un risparmio, garantito dallo Stato, pari a circa 800mila euro l’anno e metterebbe per strada 80 lavoratori. Una proposta, ovviamente, rifiutata dai sindacati. Il braccio di ferro si protrae per un anno con incontri chiesti e mai concessi, convocazioni non rispettate e altre denunce. Nel frattempo i lavoratori dell’azienda di Lotito, raccontano i sindacati, vengono messi in cassa integrazione a rotazione e costretti a turni di anche 16 ore al giorno. Tutto fino al brindisi di Natale del 19 dicembre 2012, al terremoto in Regione che porta ad elezioni anticipate e ai ricorsi al Tar presentati dalle imprese uscenti e da quelle risultate non vincitrici nella gara d’appalto. E le sentenze della magistratura amministrativa, a due anni dai primi esposti, sanciscono quello che i sindacati avevano a più riprese denunciato: l’appalto è stato concesso irregolarmente, il raggruppamento di imprese non aveva i titoli per aggiudicarsi i lavori e l’affidamento degli stessi va bloccato. Anche se la Roma Union ha più volte tentato il colpo di mano, addirittura cercando di entrare in servizio il giorno prima delle elezioni vinte da Nicola Zingaretti, e anche in questi giorni sta provando a prendere possesso delle postazioni di lavoro del Policlinico Umberto I con i propri addetti alla vigilanza. In attesa del verdetto del Consiglio di Stato restano le domande: chi doveva vigilare e non lo ha fatto? Chi ha chiuso entrambi gli occhi procedendo con l’assegnazione dei lavori davanti ad una situazione più volte denunciata dai sindacati? Quanto tempo si è perso, e quanti lavoratori hanno pagato sulla propria pelle?
L’articolo è stato pubblicato il19 Aprile 2013 su “L’Unità” nell’edizione Nazionale (pagina 14) nella sezione “Cronaca italia“. Come detto sopra, il 6 giugno 2014 il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento dell’appalto per “manifeste irregolarità nella concessione dello stesso”…
Fonte: sslaziofans.it