(A. Angeloni) La generazione di Rudi Garcia, che ora non se la passa benissimo nemmeno a Marsiglia, può dire: io sono imbattuto contro la Lazio. Perché da quella sconfittaccia nel derby del 26 maggio del 2013, la Roma non ha più perso. Non ha più perso De Rossi, che il derby lo viveva male prima e adesso lo metabolizza con più maturità; non ha mai perso Nainggolan, che è arrivato nel gennaio del 2014, così come Strtootman che si è calato nella Roma proprio dopo quell’infausto pomeriggio. Sono i tre di centrocampo dell’èra Garcia e sono gli stessi che oggi reggono il reparto con Spalletti in panchina.
Non c’è più Keita, non ci sarà Paredes, che del maliano ha preso il posto, ma che ora è fermo per infortunio. Strootman torna a giocare un derby da titolare dopo aver vinto da protagonista il primo post Lulic e partecipato attivamente alla rimonta 0-2/2-2 (gennaio 2015), propiziando la prima delle due reti di Totti. In mezzo le operazioni e un ginocchio scricchiolante, fino alla resurrezione di adesso. Nainggolan è il classico uomo da derby. Caratteriale, impulsivo, trascinatore. Uno che sente addosso la maglia e quindi ha fatto suo la rivalità con la Lazio quasi come quella contro la Juve. Chi dovrà essere l’anima in campo della Roma è Daniele De Rossi, che dovrebbe essere l’unico romano nell’undici titolare (Florenzi è out e Totti partirà dalla panchina).
Daniele di derby ne ha giocati 23, vincendone 10 e perdendone 7, segnando un solo gol, tra l’altro ininfluente. Ecco, un gol decisivo Daniele lo sogna da sempre, anche se da un po’ di anni ha abbassato il suo raggio tattico e la metà campo avversaria la supera poco. Nel tempo il suo ruolo si è trasformato, avvicinandosi più a quello di difensore che non di centrocampista con vizio del gol. Oggi la rete è un’eccezione, non un dovere. Ma sarebbe sicuramente un piacere metterlo a segno ai laziali. Daniele con i tifosi biancocelesti non ha il rapporto controverso che ha Totti. L’impressione è che De Rossi venga rispettato di più rispetto a Francesco, nonostante la sua avversione pubblica (per certi versi anche maggiore di Totti) nei confronti della Lazio. Su tutti rimane impressa l’esultanza dopo la vittoria consecutiva numero undici nella prima èra Spalletti e arrivata proprio dopo un derby. La Lazio, dopo quella sconfitta, finisce a meno sedici dalla Roma. E sulla sua maglia numero 16, appunto, comparve per l’occasione un bel segno meno. E ancora: qualche anno dopo, siamo al post derby Yanga Mbiwa, Daniele a fine partita fa due brutti gesti verso i tifosi laziali, prima indicandosi le parti basse, poi mostrando il dito medio. «Festeggiare, divertirsi, sfottere gli avversari: questo è l’importante», pensò e disse.
LA TATTICA De Rossi davanti alla difesa, Strootman a fare su e giù per il campo e a dare equilibrio e ordine, Nainggolan a punzecchiare Biglia, scendere per recuperare il sotto/palla e allo stesso tempo buttarsi di corsa nell’area di rigore avversaria. Esercizio in cui eccellono anche gli avversari laziali, da una parte Milinkovic e dall’altra Parolo. Diciamo che il centrocampo della Lazio ha maggiore predisposizione, almeno fino a questo momento, al gol: sei le reti arrivate dai centrocampisti biancocelesti, appena tre quelle dei romanisti. E a guardare i numeri, il confronto è a vantaggio degli avversari anche se li guardiamo sotto l’aspetto del filtro: la Roma prende più gol della Lazio. In assoluto, i romanisti vengono considerati più forti. O almeno più esperti.