– Mohamed Salah, attaccante della Roma, è stato intervistato dal settimanale francese in vista del suo debutto in Coppa d’Africa con la maglia della nazionale egiziana. Queste le sue parole:
Mohamed, partiamo dagli inizi della tua carriera. È vero che ci metteva 4 ore per andare ad allenarsi?
“Quattro ore ad andare, quattro a tornare! Partivo alle 10 di mattina, l’allenamento era dalle 15 alle 17. E poi rientravo a casa mia a Basyoun. E si ricominciava il giorno dopo! Avevo 14 anni, amavo troppo il calcio. I miei genitori sapevano quanto fossi appassionato e che sognavo di diventare un calciatore professionista in Egitto, in qualsiasi club. Mia madre voleva che smettessi. Mio padre, invece, mi ha incoraggiato e spinto a continuare”.
All’epoca giocava negli Arab Contractors, un club del Cairo. In che momento si è detto: “Diventerò un professionista”?
“Da piccolo ero un bambino come gli altri. Ho cominciato a giocare a calcio per le strade di Basyoun, poi a Tanta. Poi ho giocatocno Arab Contractors. Ho passato due anni e mezzo nelle loro giovanili prima di essere inserito in prima squadra. Da piccolo sognavo di giocare nel campionato egiziano. Ma, quando sono entrato negli Arab Contractors, non mi aspettavo di fare così presto il salto tra i grandi. E invece è successo”.
Aveva degli idoli, dei modelli a cui si ispirava?
“Adoravo Francesco Totti, che mi ha fatto crescere qui a Roma, mi sento fortunato ad allenarmi tutti i giorni con lui. Poi c’era Zidane, quello francese, Zinedine! Perché in nazionale ho giocato con un altro Zidan, il mio connazionale Mohamed. In Egitto amiamo la nostra Nazionale, la migliore del continente. Ammiravo Aboutreika, Meteab, Amr Zaki, Barakat… Hanno vinto per tre volte consecutive la Coppa d’Africa dal 2006 al 2010!”.
Che ricordi conserva della sua prima partita da professionista?
“Avevo 16 anni quando ho esordito contro l’ENPPI e sentivo tanta pressione addosso. E il mister, Mohamed Redwan, mi fece esordire. Ho lavorato anche con un allenatore francese, Yves Todovor, non restò a lungo ma mi ricordo di lui. Poi c’è stato il mio primo gol da professionista contro l’Al-Ahly. E mi ha cambiato la vita!”.
Come mai?
“L’Al-Ahly è una squadra famosa in tutto il mondo, in Egitto è l’anticamera della nazionale. Ho provato qualcosa di incredibile quel giorno. Da quel momento la stampa si è interessata a me”.
Quelle prestazioni le hanno permesso di entrare a far parte della nazionale under 20, con cui ha giocato la Coppa d’Africa prima di disputare i Mondiali di categoria in Colombia nel 2011. Che ricordi ha di quei momenti?
“Bei ricordi. Tanti dei miei compagni di quella generazione sono diventati professionisti e giocano in club internazionali. Perdemmo contro l’Argentina agli ottavi (2-1, doppietta di Lamela), ma comunque ho segnato in quella gara”.
Il suo destino è cambiato il 1 febbraio 2012: nella rivolta a Port Said rimasero uccisi 74 tifosi allo stadio durante il match El-Masry-Al Ahly. Il campionato si fermò, le selezioni nazionali iniziarono a riunirsi fuori dall’Egitto per le amichevoli…
“Nessuno può dimenticare quello che è successo, personalmente io non posso dimenticarlo. È stato qualcosa di una tristezza infinita. In quel momento si è fermato tutto nel nostro calcio. Pensavamo soltanto alle persone, non al calcio o alle nostre carriere. È stato molto difficile per tutti”.
La svolta è arrivata poi durante un’amichevole tra la nazionale olimpica contro il Basilea. Lei è entrato e ha segnato…
“Due gol! Poi sono partito per Basilea, superai un provino e restai con loro. Il campionato era fermo in Egitto, senza dubbio è stato quello il momento migliore per andarmene. Il Basilea era la mia chance. Era un grande club che giocava regolarmente in Champions. Dopo sono andato alle Olimpiadi. Ho firmato il contratto poco prima, quindi ho giocato con la testa rilassata e ho segnato tre gol durante il torneo olimipico (uno contro il Brasile di Neymar, ndr)”.
Il ct Bob Bradley poi l’ha chiamata in nazionale maggiore, l’inizio di una grande storia d’amore.
“Il 2012 è stato un anno cruciale nella mia carriera. In nazionale adoravo lavorare con Bradley, siamo rimasti in contatto anche dopo il suo addio nel 2013. L’ho apprezzato sia come allenatore che come uomo. Ha sempre provato ad aiutarmi e a trasmettermi la sua esperienza”.
Il grande pubblico europeo l’ha scoperta nel 2013 in Europa League contro il Chelsea, a cui ha segnato un gol nel match di ritorno a Stamford Bridge. Una buona esperienza nonostante l’eliminazione?
“Beh, preferisco giocare la Champions League, ma anche l’Europa League è interessante. Spero di aver aiutato i miei compagni nel mio percorso”.
Successivamente altre delusioni: niente Coppa d’Africa nel 2013, niente qualificazione ai Mondiali del 2014.
“Non è stato certamente un bel momento per me né per i miei compagni. È stato difficile da accettare. Fortunatamente abbiamo iniziato al meglio le qualificazioni ai Mondiali di Russia del 2018 con due vittorie”.
Poi il Chelsea di Mourinho. Come giudica quell’esperienza?
“Quello è stato uno dei momenti chiave della mia vita e della mia carriera dal punto di vista dell’apprendimento. Ero giovane (21 anni) e, tutto d’un tratto, ero allenato da uno dei migliori tecnici del mondo e avevo accanto calciatori eccezionali. Ho giocato poco, è vero, e non ero certamente contento. Avevo voglia di mettere in mostra le mie capacità. Ero triste perché non potevo farlo. Nonostante tutto, ho avuto un buon rapporto con Mourinho”.
Perché ha giocato poco al Chelsea?
“Ho sempre dato tutto, ma nonostante tutto quello che facevo in allenamento, non facevo parte dell’11 titolare. Dovevo rispettare le scelte del mister. Aveva una ventina di calciatori e doveva sceglierne 11, è così il calcio”.
Dopo la Svizzera e l’Inghilterra, è atterrato in Italia, alla Fiorentina. Dove è rinato…
“Tutto è andato bene molto velocemente. E questo mi ha permesso di andare alla Roma successivamente. Ai tempi non avevo molta familiarità con la Serie A, un campionato molto tattico. Oggi riesco a capire il calcio italiano molto di più e mi piace crescere”.
La stagione scorsa è stato il migliore della Roma grazie ai 14 gol messi a segno in campionato. Un orgoglio per lei?
“Sì, soprattutto perché era la mia prima stagione a Roma. Mi è piaciuto lavorare con Rudi Garcia, sa come costruire un buon rapporto con tutti noi. Mi piace apprendere da tutti i miei allenatori”.
E con Spalletti invece come funziona?
“È un’altra cosa. Lavoriamo molto duramente, è ossessionato dalla vittoria. È un uomo che è molto coinvolto nella vita della squadra”.
Le tira le orecchie quando sbaglia delle grosse occasioni da gol?
“È più mia madre quella che mi tira le orecchie (ride, ndR). Il mister vuole che io segni, ed io altrettanto. Mi piace segnare. Ma soprattutto mi piace vincere! E non ho segnato poco in questa stagione”.
In che posizione preferisce giocare? Quella sulla fascia destra come a Roma o più libero come in nazionale?
“Qui a Roma sono cresciuto sulla fascia, in nazionale sono più un numero 10. Tutti i sistemi mi piacciono nel momento in cui permettono di esprimermi e di farmi segnare”.
È cosciente di quello che rappresenta per il calcio egiziano ed africano?
“I social network sono un buon indicatore. Se riesco ad inspirare le persone non mi dà certamente fastidio”.
Gli egiziani sono tanti in Europa…
“Ed è positivo per il nostro calcio, porta esperienza a tutta la squadra. (Ramadan) Sobhi, Koka (Ahmed Hassan Mahgoub), “Trezeguet” (Mahmoud Hassan), Neni (Mohamed Elneny, suo ex compagno al Basilea), questi sono tutti buoni calciatori”.
Quali sono le vostre ambizioni per questa Coppa d’Africa?
“Voglio arrivare fino alla fine e vincerla. Il nostro girone è complicato, ma noi, noi siamo l’Egitto. Rispettiamo tutti ma siamo ambiziosi. Poi speriamo di qualificarci ai Mondiali del 2018 in Russia. L’ultima volta che l’Egitto ha partecipato ai Mondiali era il 1990. Credo che questa volta ce la giocheremo!”.
Fonte: France Football