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Sono un romanista pratico ma vi spiego perché è inutile tifare oggi per i biancocelesti

De Rossi

(P. Franci) – Tutto sono, fuorché un fondamentalista. Di più. Il relativismo lo pratico, ed è tutto dire, anche da tifoso della Roma. Motivo per cui sì, non c’è dubbio, contro la Juventus sarei pronto a tifare anche la Lazio: come diceva quel tale, non importa il colore del gatto (persino se è biancoceleste), importa che il gatto mangi il topo. Però però però … No, non lo farò. Per considerazioni molto prosaiche. Del tipo: a una vittoria, o anche solo a un pareggio, della Lazio a Torino non riesco a crederci, così come fatico a immaginare che la Roma possa vincere lo scudetto, e quindi non soffrirei neanche un po’ di fronte a un risultato che tenesse a distanza di sicurezza i (si diceva una volta) cugini, e concentrerei le mie attenzioni sulla nostra partita serale con il Cagliari. Ma, se è lecito, non lo farò, anche per motivi, diciamo così, culturali.

Nella storia, contano, eccome, i tempi lunghi, i corsi e i ricorsi, nonché, chiamiamole così, le costanti. Niente leggi bronzee, per carità. Ma, per quanto mi sforzi a cercare nelle pieghe della memoria, proprio non mi viene in mente una sola circostanza in cui la Lazio (per sue proprie motivazioni, ci mancherebbe, non certo per dare una mano a noi) ci sia stata di qualche aiuto: e in fondo è normale, e pure giusto, che sia così.

Dunque, non tiferò Lazio, ma guferò, come da tradizione lungamente e amorosamente coltivata, la Juve. Ripeto: non succederà. Ma, se tanto gufare producesse una volta tanto qualche risultato, esulterei scompostamente. Pronto, prontissimo a negare, con chi me lo rinfacciasse, di aver mai anche solo lontanamente pensato ciò che ho sostenuto in queste righe. È il calcio, o per meglio dire è la Roma, bellezza.

Fonte: corriere della sera

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