(G. Dotto) – “Tutto è nella mente. Fuor della mente non c’è che il niente”. Questo dice la venticinquesima giornata del campionato italiano. E dice altre cose. Nessuno dice, invece, che “O Generosa”, l’inno commissionato e strapagato a Giovanni Allevi per la serie A, è un’imbarazzante schifezza, un orrore cacofonico? Basta guardarli i ragazzi schierati a inizio partita, sommersi da quella gragnuola di cavallette truccate da note assurde. Stanno lì meschini in fila, arruolati giocoforza nel clan delle Orecchie Straziate, con un solo pensiero nel cranio unisono, che quella sinfonica strombazzatura cessi il prima possibile, con tutto il suo latinorum misto inglese aggregato. E’ come la visita dal dentista.
Prendi Luciano Spalletti e prendi Dzeko. Posseduto dall’anima di Rasputin, reduce da San Pietroburgo, l’uomo di Certaldo si presenta a Trigoria con la scusa del nuovo tecnico, ma si svela presto per quello che è, uno sciamano. Entra nelle teste dei giocatori. Le invade. Le svuota e le riempie a suo piacimento. Ogni sua postura, gestuale e oculare, ha un solo scopo, pietrificare l’interlocutore e impossessarsi del suo teschio. Così è stato con Edin Dzeko. Gigante friabile. Uno dalla sensibilità smodata, che si liquefa al primo incidente in uno spartito di balbuzie, passi imbranati e sguardi accorati. Lo ha trasformato in un superuomo. Un killer batistutoide con l’eleganza del cigno. Non basta. Ha convinto Emerson Palmieri d’essere un incrocio tra Roberto Carlos e Alex Sandro (ogni grandezza nasce da una coltivata suggestione). Fomentato da Lucio, Fazio non si sente lontano da Beckenbauer. Guardate l’ultimo Nainggolan. Spalletti ne ha fatto un mix su la cresta tra Puskas e Lothar Matthaeus.
Fonte: Dagospia.com