(L.Valdiserri) – Improvvisamente, da un prato, si alza in volo un airone. Tutto intorno, degrado e ruderi. Sembra il simbolo di questa telenovela infinita e stucchevole che è diventato il progetto dello stadio di proprietà della Roma, a Tor di Valle. Un soffio di bellezza perso tra buche, rifiuti, carcasse di motorini, materassi, pezzi di sanitari. E le spettrali stalle che furono dei cavalli, con una copertura di amianto. E la tribuna per la quale il soprintendente alle Belle Arti, Margherita Eichberg, ha fatto partire l’iter per apporre un vincolo. Cade a pezzi, non si può prendere posto sotto gli 11 «ombrelli a forma di paraboloide iperbolico» che sono finiti sulle riviste di architettura. Lì, proprio lì, dovrebbe sorgere la curva Sud e anche questo è un simbolo. Qui hanno corso campioni come Varenne e ronzini come Soldatino di «Febbre da cavallo», ma nessun cavallo ci metterà più piede.
Certo, se il tour fosse stato guidato da Lega Ambiente ci avrebbero portato a vedere dove nidifica l’airone o, come ha scritto Valerio Piccioni sulla Gazzetta, facendo parlare un abitante del quartiere «dove ci sono ancora le volpi e l’istrice, più sotto le lepri». La Roma è la forza del nuovo che avanza, in un momento di spaventosa crisi per la città. Lo stadio sarebbero posti di lavoro. Per gli oppositori è un pretesto per costruire un quartiere in barba al piano regolatore. All’interno della Giunta, come dimostrato dalle dimissioni dell’assessore all’urbanistica Berdini, il caso è politico. La Conferenza dei servizi della Regione Lazio dovrebbe dare un responso il 3 marzo, ma nessuno ha certezze. I proponenti sono disponibili a restaurare la tribuna dell’architetto Lafuente e spostarla all’interno del progetto. Sembra l’ennesima apertura di un dialogo che, però, spesso è una comunicazione tra sordi. Tor di Valle, campo Testaccio, lo stadio Flaminio, il Velodromo, la cittadella dello sport a Tor Vergata. È la Spoon River dello sport capitolino. Mentre Milano sogna gli Internazionali di Tennis.
fonte: Il Corriere della Sera