La tanto attesa, e ormai quasi insperata, fumata bianca o aspirante tale sullo stadio della Roma è arrivata intorno alla robusta cura dimagrante della cubature, da un milione di metri cubi a meno della metà (anche se resta la necessità di una variante del Piano regolatore). Lo stato d’animo della società giallorossa emerge dalle parole del suo direttore generale Mauro Baldissonial Tg1: «La tempistica potrebbe essere inferiore anche ai tre anni, per questo pensiamo ad aprire lo stadio nella stagione 2020-2021, nella migliore delle ipotesi fra il 2019 e il 2020».
E allora? Quali sono le trappole ancora sul percorso? La prima: l’intesa sulle cubature costringe a rimescolare il mazzo di carte che riguarda le opere pubbliche a carico dei proponenti. In realtà, non verrebbe meno l’impegno per i quattro interventi: messa in sicurezza del Fosso di Vallerano e del quartiere di Decima, nuova stazione e nuovi treni sulla ferrovia Roma-Lido, bretella dalla Roma-Fiumicino e ponte sul Tevere. Solo che questi ultimi due potranno essere effettuati in una seconda fase. La Regione, che presiederà la riapertura della conferenza dei servizi il prossimo 3 marzo (probabile una proroga di un mese chiesta dalla Roma per raffinare il nuovo progetto), lancia però un avvertimento. Per Michele Civita, assessore alla mobilità, l’accordo è una «buona notizia », ma se il progetto cambia, «bisognerà richiedere un nuovo pronunciamento da parte del Consiglio comunale di Roma sul pubblico interesse».
E in questo contesto, compare anche l’altra città, la Lazio, che si fa viva con un comunicato rivendicando pari dignità, appoggiata anche da diversi voci della politica. «Cara sindaca Raggi, ci aspettiamo che applichi per par condicio nei confronti degli innumerevoli tifosi biancocelesti e consenta la creazione del nuovo impianto della Lazio».
Fonte: gazzetta dello sport