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La Repubblica Berdini, l’idea di salvarlo divide il M5S

(G. Vitale) C’è uno spettro che in queste ore si aggira in Campidoglio. Ha le sembianze di Marcello Minenna, il primo assessore al Bilancio della giunta Raggi, che a settembre si dimise dall’incarico, lasciando un buco lungo un mese: tanto quanto i grillini impiegarono per sostituirlo, impantanandosi in una imbarazzante sequenza di rifiuti e scivoloni.

Un incubo che la sindaca di Roma non intende rivivere. E che invece la guerra fra bande di nuovo esplosa nel Movimento dopo l’addio dell’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini, congelato dalla prima cittadina, sta resuscitando. Rallentando la fatwa contro l’anziano professore. A difesa del quale, ieri su Fb, si è schierata la senatrice 5S Paola Nugnes: «È una garanzia contro la cementificazione e l’abuso di suolo». Lo stesso grido di battaglia utilizzato nel pomeriggio al sit-in promosso sotto Palazzo Senatorio per chiederne la conferma.

Non c’è accordo, fra le varie anime grilline: né sui nomi, né sulla strategia per rimpiazzarlo o tenerlo. Raggi, lo ha ribadito pure ieri, non vuole più vederlo e prosegue il casting dei successori. Un pezzo da 90 come Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina, nella riunione coi consiglieri le ha spiegato che accelerare potrebbe rivelarsi un boomerang: «Al netto delle frasi volgari e delle inaccettabili illazioni sulla tua vita privata, Berdini ha detto la verità: ti eri circondata di una cricca, sulla quale anche tu hai fatto autocritica. Se lo cacci adesso sembrerà una reazione stizzita che rischia di innescare un meccanismo infernale: ci accuseranno di aver allontanato il nemico dei palazzinari, specie se chiudiamo l’accordo sullo stadio della Roma, che lui aveva osteggiato». Gli assessori forti della giunta, Bergamo e Frongia, hanno ciascuno un candidato: il vicesindaco avrebbe proposto Guendalina Salimei, docente specializzata in periferie, che però fu l’assessore all’Urbanistica in pectore dell’aspirante sindaco Fassina; il responsabile dello Sport sponsorizzerebbe invece due fedelissimi. Il primo è l’avvocato Emanuele Montini, ex rutelliano inviso a gran parte del Movimento; l’altro, è l’architetto Francesco Sanvitto, attivista dal 2007 e coordinatore del tavolo tematico Urbanistica, che affittò a 9mila euro per 2 mesi la sede del comitato elettorale di Virginia Raggi.

Tutto questo mentre inizia il rosario delle defezioni: a dire “no grazie” è stato ieri il professore Carlo Cellamare, che pareva superfavorito. Rinvigorendo il pressing di chi vorrebbe tenere Berdini, affiancandogli un paio di collaboratori esterni, quelli che l’assessore ha sempre rifiutato (è l’unico a non avere uno staff) preferendo lavorare da solo. L’uscente, intanto, prosegue la sua consegna del silenzio. E medita di inviare una lunga lettera alla sindaca per invocare di nuovo perdono e chiedere di essere giudicato solo per i risultati raggiunti, non per quel colloquio con La Stampa che gli ha tolto il sonno. Il problema è che la sindaca ora gli imputa una colpa in più. Aver scatenato la pruderie mediatica, sfociata ieri nell’offensivo titolo di Libero. Innescando una rivolta bipartisan. Coi presidenti delle Camere Grasso e Boldrini, tutti a dire: «È osceno, Feltri si scusi». E Raggi ad annunciare: «Mi farò risarcire».

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