(L. D’Albergo) «Caro Francesco Totti ci stiamo lavorando. #FamoStoStadio nel rispetto delle regole. Ti aspettiamo in Campidoglio per parlarne». Il primo «sì» di Virginia Raggi all’impianto che la Roma vorrebbe realizzare a Tor di Valle, periferia Sud della capitale, arriva su Twitter ed è a suo modo un piccolo capolavoro di comunicazione. Il cinguettio della sindaca apre per la prima volta al progetto del nuovo Colosseo, partita su cui la giunta M5S si gioca il cuore giallorosso della città. Risponde al pressing social di Francesco Totti, dio pagano del calcio che cinguettando aveva richiesto «una struttura all’avanguardia» e che la stessa platea romanista, tra il serio e il faceto, vedrebbe bene proprio come primo cittadino. Riprende l’hashtag lanciato da mister Luciano Spalletti e ripreso dai calciatori sui loro profili 2.0 e, allo stesso tempo, riesce a tenere compatta la base M5S con un esplicito richiamo al rispetto delle norme. Perché – a Palazzo Senatorio lo hanno capito bene – il futuro dell’amministrazione Raggi passa anche per la gestione del dossier stadio. Da una parte c’è la possibilità di mettere le mani su un potenziale investimento da 1,6 miliardi, tasto su cui il presidente americano della Roma James Pallotta e il costruttore Luca Parnasi continuano a spingere con forza. Dall’altra c’è in ballo la tenuta della giunta. È chiara la posizione di Paolo Berdini, assessore all’Urbanistica finito nel mirino dei tifosi per una frase che il Comune ha tentato di smentire («Il “no” allo stadio? L’hanno presa sui denti»). Secondo il “prof” del team Raggi, il catino che a Tor di Valle dovrebbe raccogliere l’eredità dell’Olimpico può diventare realtà soltanto rispettando i vincoli del piano regolatore. Questione di numeri: il progetto della Roma copre 345 mila metri quadrati con le tre torri di Liebeskind e 15 edifici per negozi e ristoranti. Il prg, invece, ne consente 112 mila. Meno di un terzo.
Così, all’interno della squadra di governo M5S, si è aperta una frattura ancora da ricomporre: la frangia pro stadio guidata dall’assessore allo Sport Daniele Frongia contro i berdiniani – ora dati in minoranza – che spingono per la realizzazione del solo impianto sportivo, evitando la «speculazione». Guardando di nuovo ai numeri, lo stadio occupa il 14 per cento delle cubature previste. Il resto? Negozi, uffici e alberghi. Quelli che l’assessore all’Urbanistica vorrebbe tagliare e per cui ha dato vita a una vera crociata. Tra rinvii e pareri discordanti, l’ultima novità sul Colosseo bis è arrivata il primo febbraio. Quel giorno il dipartimento Urbanistica del Comune ha inviato il proprio «niet» in conferenza dei servizi. Notificato alla Regione e all’assessorato di Berdini, il documento non è passato sulla scrivania della sindaca Virginia Raggi. Per averne una copia, l’inquilina del Campidoglio ha dovuto chiederne copia agli uffici del governatore Nicola Zingaretti. Un cortocircuito che i proponenti (Roma e costruttori) hanno letto come ulteriore indizio della confusione che regna in Comune. A quel punto è partito il forcing giallorosso. Che ieri è diventato a tutto campo con l’intervento dell’ex premier Matteo Renzi («E famolo! Non dire “no” a tutto») e il tweet del ministro dello Sport Luca Lotti: «Il governo non c’entra niente, ma io sto con mister Spalletti». Pragmatico Zingaretti: «Vedo che il Comune sta cambiando idea. Se è così, entro il 3 marzo produca atti ufficiali». Altrimenti non è esclusa la forzatura: la Regione potrebbe considerare “non vincolante” il parere del Comune e dare il via libera al progetto che vale il consenso romanista.