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L’ecomostro è un detonatore della faida tra le correnti M5S

(S. Canettieri) – Il primo impercettibile scricchiolio, rivelatore del multiforme mondo grillino, si registrò per le Olimpiadi. Sotto sotto, in Campidoglio, c’era un pezzo di giunta M5S che trattò fino all’impossibile. Beppe Grillo, come un segugio, annusò l’aria e alla fine si impose. La sindaca Virginia Raggi non solo disse no ai «Giochi del mattone», ma lo fece con tanto di sgarbo al presidente del Coni (Giovanni Malagò l’aspettava in Comune, lei stava mangiando un minestrone in trattoria: buon appetito). Sarebbe stato clamoroso il via libera e, come si sa, non avvenne. Ma fu il primo, carsico segnale rivelatore di un M5S che adesso balla sul sì, no, forse alla «colata di cemento di Tor di Valle». Ed è proprio intorno allo stadio della Roma e soprattutto ai grattacieli che lo dovrebbero sovrastare che stanno affiorando le diverse articolazioni, quelli del Pd le chiamerebbero correnti, del M5S. Un contenitore che, a forza di parlare di fine delle ideologie, sta implodendo proprio per causa di queste.
Rapida carrellata di fatti e persone. La base rosso-verde (di cui l’ex assessore Paolo Berdini era il vessillo, ormai ammainato) non ne vuole sentire parlare ed è pronta alla prima clamorosa contestazione di «Virginia», Grillo e Casaleggio sono per il sì al «progetto» rivisto un tot, e quindi di rimando Luigi Di Maio, in attesa di diventare statista, ha già indossato la maglia dello stadista; Roberta Lombardi, molto brava ad appoggiare l’orecchio a terra per ascoltare la «nostra gente», si è schierata pubblicamente, a suo rischio e pericolo, per il ritiro della delibera. Poi ci sono i 29 consiglieri comunali che, provenendo dalle storie più disparate dal manager all’artigiano fricchettone si sono divisi: intransigenti «per il giammai allo stadio», aperturisti per «il tagliamo le cubature finché si può», realisti che «se diciamo un altro no, la nostra popolarità finisce sotto i tacchetti di Totti».

LE TANTE ANIME – Insomma, così tante anime ideologiche e quasi antropologicamente diverse da far invidia al Pd. Per non farsi mancare niente il M5S è spaccato anche all’interno del placido gruppo regionale, fin qui confinato dalle cronache a una serena opposizione a Nicola Zingaretti. Al centro di questa Guernica grillina c’è Raggi con la sua giunta. Alle prese con la responsabilità di governo e con i possibili contraccolpi del verdetto. Raccontano che quando martedì il vicesindaco Luca Bergamo (passato di sinistra, rivotato al pragmatismo del potere) è uscito con il diggì della Roma Mauro Baldissoni per spiegare che insomma un accordo era possibile, con tanto di dichiarazione congiunta, Marcello De Vito sia andato su tutte le furie. «Forse Bergamo non sa che lui non decide proprio nulla: la palla spetta a noi consiglieri», è stato il ragionamento del presidente dell’Aula. Può un progetto urbanistico far da detonatore a un intero Movimento? Sì, perché al netto della partita in gioco (1,5 miliardi), del messaggio (seppur è un espediente, c’è il calcio, la Roma, in mezzo) questa sarà la prima vera scelta di peso del M5S da quando è nelle istituzioni. Andata così così con la scatoletta di tonno in Parlamento, si potranno rifare con la calce e le betoniere? Anche se parlare pubblicamente non si può e la Lombardi rischia grosso (pare non si occuperà più della festa annuale grillina) alla Camera e in Senato ancora una volta stanno emergendo le solite fazioni.

LE POSIZIONI – I parlamentari con pedigree ambientalista stanno con la Lombardi, che si porta dietro Roberto Fico e ortodossi. Tutti, per l’eterogenesi dei fini, contro il progetto stadio e quindi contro la parte più in grisaglia del M5S nelle «grazie di Beppe e Davide»: Di Maio, dunque. Ma anche Di Battista, che al di là delle invettive, alla fine riesce sempre a schivare qualsiasi problema (i colleghi lo chiamano il «sommergibile»). Un caos tale che necessita l’intervento di Grillo: domani vedrà i dissidenti-critici-ortodossi del no. Scenderà in campo l’allenatore-giocatore del M5S. Che rischia di perdere la partita più difficile: quella della coerenza. Anche se una mano potrebbe arrivare proprio dalle Olimpiadi: non quelle negate, ma quelle passate del 60. Ironia della sorte, il vincolo di Tor di Valle deriverebbe dai Giochi di 57 anni fa.

Fonte: il messaggero

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