(L. De Cicco) Due ore e mezza di vertice con i consiglieri, poi un altro incontro fino a notte fonda con gli emissari di James Pallotta e il costruttore Luca Parnasi per trovare una quadra sul progetto Tor di Valle. Dopo essere stata dimessa dal San Filippo Neri, per Virginia Raggi è iniziata una serata di lavoro cruciale per il futuro del nuovo stadio. La parte più difficile, per la sindaca, è stata convincere i suoi a votare «sì» a una delibera che supererà i limiti del Piano regolatore generale. «Abbiamo sempre detto che saremmo rimasti nelle regole, non possiamo concedere deroghe ora che siamo al governo di Roma», la incalzavano i consiglieri “ortodossi”. «Ma taglieremo comunque le cubature, non possiamo sempre dire solo no», la replica del fronte «stadista» dei pentastellati che alla fine l’avrà vinta.
LO SCONTRO – Tutto risolto? Non ancora. Perché adesso la Regione fa sapere: «Se vengono tolte opere pubbliche, bisogna fare una nuova conferenza dei servizi». Chiudere, con parere negativo, quella aperta sulla delibera Marino e avviarne un’altra. E il Pd? Difficilmente, in aula, voterebbe un nuovo provvedimento di “interesse pubblico” all’opera, tanto più che l’operazione a questo punto se la intesterebbero Raggi e il Movimento Cinque Stelle.
IL VERTICE – Tra sindaco e consiglieri il braccio di ferro era cominciato intorno alle sei e mezza di sera, quando la prima cittadina ha varcato il portone di Palazzo Senatorio, dopo avere lasciato il San Filippo Neri, dove era ricoverata dalle 9 di mattina. Sul tavolo, c’era già la nuova proposta, con il taglio delle cubature che supera il 35%. Ed è con questo rendering che la sindaca si presenta alla riunione con i big pentastellati dell’aula Giulio Cesare, i parlamentari “tutor” Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede e, soprattutto, Luca Lanzalone, l’avvocato del Movimento incaricato di seguire la trattativa con i privati.
I CERTIFICATI – Tra le modifiche che vengono spiegate c’è la «mano di verde» che molto piace all’anima green dei Cinquestelle: il progetto avrà delle certificazioni ambientali e verranno piantati più alberi rispetto alla versione iniziale. Anche i materiali utilizzati saranno «innovativi». Ma è sulle cubature che il fronte del «No all’Ecomostro» insiste: «Così non va. Tagliarle di un terzo è ancora troppo poco». Attorno alle volumetrie, dalle sette di sera in poi, va in scena una trattativa via smartphone e whatsapp tra il Comune e i privati, che aspettano un segnale per raggiungere Palazzo Senatorio. È in questo pre-vertice che il pressing dei consiglieri contrari all’«Ecomostro» convince Raggi a recapitare ai proponenti un’altra proposta: taglio delle cubature del 60% per il cosiddetto “business park”. Il gigantesco complesso di negozi, uffici e ristoranti in sostanza verrebbe più che dimezzato. Attorno a questa mediazione, la maggioranza M5S si compatta. «Andiamo avanti su questa linea», tira le fila la prima cittadina. E comunica, tramite il suo staff, che il diggì della Roma, Mauro Baldissoni, e il costruttore Luca Parnasi possono arrivare in Campidoglio. Quando i proponenti salgono le scalette accanto alla Lupa, l’intesa di fatto è già stata trovata, vanno limati solo gli ultimi dettagli. Insieme alle cubature, andranno tagliate anche alcune delle opere pubbliche previste dalla delibera 132 varata da Marino nel 2014, quella che ha conferito la pubblica utilità al progetto. Ed è qui che, adesso, tra Campidoglio e via Cristoforo Colombo, si gioca l’ultima partita.