(F. M. Magliaro) Per i 5 Stelle, abituati a vivere sui social network, il tormentone #Famostostadio, lanciato prima dal mister, Luciano Spalletti, e poi amplificato al massimo dalla voce di Francesco Totti, sta diventando un problema e il progetto dello Stadio della Roma di Tor di Valle ha finito, quindi, per uscire dalle segrete stanze della Conferenza di Servizi per scendere nella piazza virtuale, così cara ai pentastellati. E che vede scendere in campo anche l’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che si schiera a favore della costruzione della nuova casa giallorossa. Andiamo per ordine. Dopo l’irruzione di Spalletti, domenica pomeriggio, davanti alle telecamere di Sky per rilanciare la necessità di costruire l’impianto di Tor di Valle, amplificata da un tweet di Francesco Totti e di Alessandro Florenzi, ieri, sia il sindaco, Virginia Raggi, che il presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito, si sono sentiti in dovere di cinguettare una risposta al Capitano. La prima, all’ora di pranzo, che scrive: «Caro Francesco @Totti ci stiamo lavorando. #Famostostadio nel rispetto delle regole. Ti aspettiamo in Campidoglio per parlarne», come se Totti fosse un progettista parte della delegazione giallorossa. E, nemmeno 10 minuti dopo la Raggi, anche De Vito dà fiato alle trombe: «@Totti non te preoccupà Capitano: #famostostadio e #famolobene. Con #AsRoma lavoriamo a progetto innovativo». Insomma, la solita manfrina che, da settembre scorso, la Giunta Raggi sta riproponendo con costante ciclicità: un pezzo di sì, un pezzo di no. E oggi, alle 14.30, si vedrà cosa accadrà in Campidoglio fra il vertice del Comune e i proponenti.
Fino a oggi, tanti incontri senza che si sia giunti a una decisione concreta. Tanto che, nella mattinata, anche il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, aveva twittato: «Vedo che sullo Stadio il Comune sta cambiando idea. Se è così entro il 3 marzo produca atti ufficiali». A testimonianza di quanto, parole a parte, gli atti formali della Giunta capitolina siano contraddittori. A partire dalla trasmissione del dossier in Regione per l’apertura dei lavori della Conferenza di Servizi cui non è mai voluta seguire una presa di posizione chiara e ufficiale sulla pubblica utilità dell’opera, a seguire con la Memoria di Giunta predisposta dall’assessore Berdini e approvata dalla Giunta per compiere tutti gli atti necessari all’approvazione del progetto e poi completamente disattesa dallo stesso Berdini e dai suoi uffici. Per proseguire con la richiesta di sospensione della Conferenza di Servizi presentata il 30 gennaio con la motivazione di predisporre la Convenzione urbanistica (il contratto) con i proponenti e cui ha fatto seguito, il giorno dopo, il deposito di un parere «non favorevole» al progetto. Il Campidoglio in tutta questa vicenda ha mantenuto una costante. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Preda delle lacerazioni interne del Movimento, con una quota minoritaria di duri e puri contrari al progetto, capitanati da Berdini; e una quota di disposti alla trattativa. Con la Raggi che, per due mesi, si è defilata dalla contesa lasciando che i suoi se le dessero mediaticamente di santa ragione: basta ricordare il profluvio di dichiarazioni di Berdini e dell’allora vicesindaco, Daniele Frongia. E con il Sindaco che, non appena ha preso in mano il dossier dopo il via libera del livello nazionale del Movimento, è stata travolta dagli scandali (Muraro, Marra, Romeo, polizze, nomine), vedendo i suoi fedelissimi (Frongia, in primis) emarginati e messi nella incapacità di agire e finendo lei stessa per essere privata di qualunque possibilità di imporre alla sua riottosa minoranza anti-stadio una linea conciliante.
Oggi Berdini, a torto o ragione, ha costruito attorno a sé, anche con l’uscita dei giorni scorsi sullo stadio «sui denti», poi maldestramente smentita ma di cui ci sono gli audio, l’immagine del difensore della città contro i cattivi palazzinari. La debolezza politica della Raggi non le consente, oggi, né di allontanare il suo riottoso Assessore all’Urbanistica (aldilà del fatto che non avrebbe un nome per sostituirlo) né di ridimensionarne il peso politico e mediatico: qualunque uscita in tal senso finirebbe per trasformare agli occhi dei duri e puri della base pentastellata Berdini in un martire e la stessa Raggi, già sotto i j’accuse degli stessi giacobini a 5 Stelle, in un’amica degli speculatori. In tutto questo panorama, le numerosissime uscite degli esponenti nazionali e locali del Pd non aiutano certo la realizzazione dell’impianto perché vanno come macigni sulle spalle dello stesso Sindaco e dell’ala «trattativista». Anche perché i Democrats, a parte qualche sporadico accenno, sembrano essersi svegliati solo al traino di Spalletti, Totti e compagni. Una cosa, questa del muoversi a rimorchio, che non si può dire di Matteo Renzi, tanto che in molti ricordano la partecipazione del presidente giallorosso, James Pallotta, a una cena con l’ex premier. Dice Renzi: «Lo stadio? E famolo. Lo sport ha bisogno di essere accompagnato e aiutato. E per questo mi hanno colpitole parole di un grande allenatore come Luciano Spalletti che ha lanciato un appello alla realizzazione degli stadi di proprietà, proprio nella settimana in cui la Roma vede incomprensibilmente allontanarsi il proprio progetto urbanistico. Se si dice no a tutto, come accade in qualche città, si blocca il futuro. Si bloccano gli investimenti. E ci si condanna a vivere di rimpianti».