«Il derby vale triplo, non doppio: la partita, l’accesso alla finale, che si giocherà a Roma, poi sta a cuore ai nostri tifosi e noi siamo sensibili a ciò che sta a cuore ai nostri tifosi». Così Luciano Spalletti introduce la gara di stasera. Poi marca la diversità tra le due squadre: «Noi abbiamo degli obiettivi ugualmente importanti, che compongono il lavoro e il programma della squadre e del club, oltre a questa partita. Loro danno grandi significati a questa gara e dipende da come sapranno gestire questa tensione. Intanto siamo migliorati: non ho visto video che richiamano guerre ed armamenti, per cui è segno che siamo migliorati». L’idea è «normalizzare» la partita per far uscire la qualità superiore della Roma. La Lazio vive nel ricordo eterno della finale vinta il 26 maggio 2013 – scrive il Corriere della Sera -, quella del gol di Lulic e della «Coppa in faccia». I giallorossi devono solo giocare il loro calcio, senza farsi trascinare nella «guerra etnica» a cui faceva riferimento Spalletti, citando le frasi degli ultrà laziali a Formello prima del derby di campionato del 4 dicembre, finito 2-0 per la Roma.
Attesissimo, naturalmente, Radja Nainggolan, che esce dalla doppietta di San Siro e dal dato di 5 gol segnati nelle ultime 6 partite. Spalletti ne dipinge un ritratto a tutto tondo: «Radja lo puoi mettere dove vuoi, lui si adatta a fare qualsiasi cosa. Se tu gli chiedi, lui codifica e va; se lo lasci stare, va ancora più di quello che gli chiedi. È un animale raro, è l’evoluzione della specie calciatore. Se hai dieci Nainggolan fai una squadra fortissima, anche senza badare al ruolo».