(M.Ferretti) – A James Pallotta, presidente canterino della Roma («Should I Stay or Should I Go», ha intonato domenica sera nella mixed zone dell’Olimpico), venerdì lascerà la Capitale. Luciano Spalletti, il destinatario del motivetto pallottiano, ha invece lasciato Roma ieri, dopo aver dato appuntamento ai suoi per giovedì. Questo significa che, eventualmente, non prima di domani o addirittura proprio giovedì, i due si incontreranno, come annunciato dal bostoniano. Perché eventualmente? Perché ai fini della soluzione del mistero legato al futuro di Spalletti il faccia a faccia tra i due ha (avrà) poco valore concreto. Per un motivo semplice semplice: non dovrà essere Jim a convincere Spalletti a restare, ma dovrà essere Lucio a convincere Spalletti. A patto, ovviamente, che non abbia già deciso di non restare. Dando per scontato che la scelta non sia stata fatta, a questo punto solo Lucio può far restare Lucio a Roma. La situazione, del resto, è ben delineata: la Roma vorrebbe che Lucio restasse, ma lui finora ha sempre rifiutato l’invito al rinnovo. Adducendo via via motivazioni diverse, ma simili nella sostanza dato che non c’è stata alcuna fumata bianca. Sia i dirigenti della Roma che Spalletti, ormai è chiaro, stanno facendo ognuno il proprio gioco per arrivare a dama. Usando parole e tattiche diverse ma sempre nel rispetto del fine giustifica i mezzi. Pallotta, ad esempio, dopo la partita contro il Sassuolo è stato volutamente esplicito: «Luciano è il nostro allenatore ideale ma decide lui se restare o meno». Traduzione: noi vogliamo tenerlo, se va via non sarà per colpa nostra. E Spalletti, sempre domenica sera, gli ha indirettamente replicato: «Arrivare secondi è bello ma significa zero titoli». Traduzione: anche se divento vice campione d’Italia, non ho vinto nulla. Cioè il seguito di «Resto solo se vinco». Resta, per ora, anche la Coppa Italia ma non sarà semplice arrivare in finale. È fortissima, insomma, l’impressione che entrambe le parti stiano muovendosi per uscirne in ogni caso da innocenti. Colpa mia? Macché: tutta colpa di quell’altro. Un po’ triste, no?
GIOCO DELLE PARTI – Si sta giocando molto con le parole. E un pochino pure sulla pelle della Roma. Spalletti attacca i media romani (ma, se non altro, ha cominciato ad aggiustare il tiro, prendendo la mira); Pallotta se la prende anche con le radio della Capitale ma entrambi danno la sensazione di mettere in piazza qualcosa di strategico. Il presidente racconta quello che gli viene raccontato; l’allenatore, che conosce alla perfezione l’ambiente romano, sa esattamente come muoversi quando finisci con una ruota nel fango (cit.). E alla Roma chi pensa? La Roma, se non ci saranno novità, tra 101 giorni sarà senza tecnico perché il 30 giugno scadrà il contratto di Spalletti. E, se ci pensate bene, non è una prospettiva esaltante. Sarebbe molto più dignitoso prendere prima possibile una decisione, qualunque essa sia. Dentro o fuori. Sì o no. Bianco o nero. Giocare con la Roma va bene, ma solo se/quando lo si fa sul campo.
fonte: Il Messaggero