(M. Bellinazzo) – Nuovi stadi senza più chioschi e bancarelle nelle adiacenze. A meno che non siano quelli brandizzati dalle stesse società sportive. Il panorama degli impianti italiani potrebbe mutare radicalmente per effetto delle norme contenute nella manovra appena licenziata dal Governo (decreto legge 50/17) agevolando i club da sempre danneggiati dalla vendita di prodotti contraffatti e privati degli incassi assicurati dai servizi di ristorazione. Il D150/17 ora prevede che nello studio di fattibilità per impianti pubblici sopra i 2mila si può stabilire che da 5 ore prima a 3 ore dopo le gare, entro un perimetro di 300 metri dallo stadio, possa svolgere attività commerciali solo il club. Le licenze di occupazione di suolo pubblico già concesse, in tal caso, saranno sospese in questa fascia I titolari però dovranno essere indennizzati dalle società. L’intervento per la «costruzione di impianti sportivi» (articolo 62) in realtà è più ampio e potrebbe essere utile ad accelerare progetti nuovi o già avviati come quello della Roma.
Rispetto alla legge sugli stadi del 2013 (n.147), in un’ottica semplificatoria, viene concesso più potere alla conferenza dei servizi regionale. Il verbale di quest’ultima infatti «può costituire adozione di variante allo strumento urbanistico comunale». Il sindaco dovrà sottoporlo al consiglio alla prima seduta utile. Lo studio di fattibilità può ricomprendere «anche immobili con destinazioni d’uso diverse da quella sportiva, complementari e/o funzionali al finanziamento e alla fruibilità dell’impianto». Formula che sembrerebbe superare il divieto (anche se non viene cancellato formalmente) di ricorrere all’edilizia residenziale come misura compensativa contenuto nella legge del 2013. Sarebbe perciò utile un chiarimento in sede di conversione del decreto. Si precisa poi che per gli interventi su impianti pubblici esistenti si può contemplare «la cessione a titolo oneroso del diritto di superficie o del diritto di usufrutto dell’impianto e/odi altri immobili pubblici per il raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa». Il diritto di superficie potrà essere ceduto fino a 90 anni. Quello di usufrutto fino a 30. Nello stesso studio, infine, si può contemplare anche la demolizione e ricostruzione dell’impianto con diverse volumetria e sagoma, la sua riconversione o riutilizzazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore