Il derby è anche solo una partita. E una partita viene vissuta sui nervi, sulla preparazione, sulla forza delle abitudini. Ogni calciatore ha le sue, che siano di natura scaramantica, religiosa o semplicemente impulsiva. Daniele De Rossi, che indossa sempre una maglia sotto la tenuta da gioco e, nel momento di entrare in campo, si fa tre volte il segno della croce prima di andare, insieme con Strootman, a caricare i compagni battendo il cinque a tutti, uno per uno.
Ancora più scaramantico era Totti, almeno quando aveva il posto fisso in squadra: nella settimana del derby arrivava sempre per primo agli allenamenti e si tagliava i capelli dallo stesso barbiere. Spalletti porta al collo un rosario e non lo toglie mai, nemmeno quando deve festeggiare a torso nudo un campionato vinto come fece a dodici gradi sotto zero a San Pietroburgo.
I brasiliani Bruno Peres ed Emerson si abbracciano, ringraziando il Signore. Ma nella Roma le religioni si intersecano in una buona sintesi: Salah, che è musulmano, si inginocchia dopo ogni gol segnato baciando il terreno. Più profana la preparazione di Rüdiger, fissato con la musica: porta le sue casse negli spogliatoi e balla, per alleggerire la tensione.
fonte: R.Maida – Il Corriere dello Sport