(E. Gamba) Non c’è un’ora giusta per tirare calci a un pallone, a quanto pare. «A me fa schifo giocare a mezzogiorno», disse un mesetto fa Maurizio Sarri, a cui ieri s’è in qualche modo accodato Simone Inzaghi: «L’orario del derby non mi piace assolutamente», ha osservato l’allenatore della Lazio pensando alla partita del 30 aprile contro la Roma. Ore 12.20: «L’avranno deciso le televisioni per farlo vedere in qualche altro Paese, ma abbiamo visto che intensità, che atmosfera e cornice di pubblico ci siano state di sera in Coppa Italia».
Le dirette all’ora di pranzo piacciono alle famiglie a casa e ai tifosi asiatici, che se le ritrovano in prima serata, ma non agli allenatori e nemmeno ai giocatori, costretti a rivedere le loro abitudini e, di questa stagione, anche a battibeccare con il caldo che comincia a interferire. Però adesso iniziano a non piacere più nemmeno quelle alle tre del pomeriggio, l’orario classico, “storico”. «Il calcio giocato a quell’ora, è un altro sport», argomentava ieri Massimiliano Allegri prima di partire per Pescara, dove la Juventus si esibirà alle 15. «Non voglio dire che sia un problema, ma bisogna essere bravi perché rispetto alle partite in notturna cambia proprio tanto. Vuol dire che bisogna giocare molto bene tecnicamente e che bisogna sbagliare poco, perché correre dietro la palla alle tre di pomeriggio diventa più difficile, quindi i ritmi si abbassano e quando i ritmi si abbassano ci vuole più tecnica». In verità Allegri (che ha lasciato a casa Buffon e Khedira) sospetta che gli zemaniani non rallenteranno affatto e teme che i suoi, sospesi tra un Barcellona e l’altro, ne risultino sorpresi: «Il Pescara è una squadra che sta bene fisicamente, che corre e che gioca per dare degli schiaffi all’avversario».
Se potessero, gli allenatori metterebbero sempre le partite nel tardo pomeriggio, tra le cinque e le sei: l’attesa passa più in fretta, i ritmi consueti (la sveglia, il pranzo, la colazione, la cena, il momento della nanna) vengono rispettati, in genere non c’è mai né troppo caldo né troppo freddo e in buona parte dell’anno si gioca sotto i riflettori, cosa che ha sempre il suo fascino. Ma è un orario che non piace per niente alle televisioni, che difatti alle 18 ficcano per lo più l’anticipo di un match di scarsa attrattiva. Quella delle 15 è invece soprattutto una questione d’adattamento, in particolare nel periodo dei primi caldi. Finora, i bianconeri si sono esibiti appena sei volte (sulle 45 gare stagionali) alla luce del sole — per altro incespicando in due tra le peggiori prestazioni dell’annata: Genoa-Juve 3-1 e Udinese-Juventus 1-1 — ed è quindi logico che il Pescara, che di pomeriggio ci ha invece giocato 16 volte su 33, abbia un minimo vantaggio da sfruttare, comunque un’inezia a fronte dei 65 punti che separano le due squadre in classifica. «Ma queste partite sono trappole», avverte Allegri ricordando il precedente di 24 anni fa, quando la Juve le prese 5-1 dal Pescara già retrocesso. Segnò pure Max, su rigore. «La Juve veniva da una finale di Coppa Uefa o da una roba del genere ( con il Borussia Dortmund, ndr), venne a Pescara e prese una bella batosta. Fu una partita strana, faceva molto caldo, noi eravamo già in B ma giocavamo ancora discretamente bene»: anche se l’allenatore era Zucchini, la squadra portava ancora l’impronta di Galeone, che era stato esonerato alla 24esima. E tra Galeone e Zeman, come tra quel Pescara è questo, non ci sono forse delle affinità?