(A. Angeloni) Chissà se a Edin Dzeko hanno mai raccontato che una volta, un attaccante piccolino ma forte forte, Vincenzo Montella, in un derby fece quattro gol alla Lazio. Quattro, poker, una serata indimenticabile per tutta la Roma. Non era un derby di coppa Italia, tanto meno una semifinale, era il 2002, la Roma aveva lo scudetto sul petto e quella era la partita di ritorno; davanti a sé, Vincenzino aveva Alessandro Nesta che, con tutto il rispetto per i centrali della Lazio di oggi, era di un’altra categoria. Quando Montella segnò quelle quattro reti, Dzeko aveva sedici anni e tifava per il Milan, che oggi è allenato proprio da Vincenzino. Ecco, chissà se qualcuno glielo ha raccontato. Se nessuno lo ha fatto e se lui mai non lo sapesse già per conto suo, glielo abbiamo detto noi.
LE NOTTI ETERNE Quelle sono serate indimenticabili, caro Dzeko, perché ti segnano per sempre, ti fanno diventare romanista, anche chi arriva da Sarajevo dopo quattro gol alla Lazio si sente romano e romanista. Chiedere anche a Marco Delvecchio, che di gol nel derby se ne intende. Totti (che è il bomber recordman nei derby) lo lasciamo stare, perché lui non ha bisogno di segnare alla Lazio per diventare romanista. Ecco, Dzeko ha bisogno di una notte magica, eterna: gol al momento opportuno. E quanto servirebbero in questo momento, non sa quanto. Del resto la gente della Roma non chiede mica a Edin un qualcosa che lui non abbia o che non sappia fare. Il gol è casa sua, è il suo sangue. E poi un paio di golletti alla Lazio li ha pure fatti, lo scorso anno, quando non era nemmeno questo Dzeko. Era il fratello, quello che non sapeva volare. Quest’anno, invece, che segna pure mentre fa colazione, alla Lazio zero. Zero gol in due occasioni, tra l’altro nemmeno due partite eccezionali da parte sua (e non solo sua, a dire la verità), specie la seconda, cioè l’andata della semifinale di Coppa Italia. Quindi? Su, Edin, le tocca colmare questo mini tabù, pensando a Montella e i suoi fratelli. Ma non ne servono nemmeno quattro di gol, ne bastano un paio, anche uno subito subito, poi ci può pensare pure un altro compagno, che ne sappiamo, Salah, Perotti, un colpo di testa di De Rossi, Ruediger, Szczesny in the box. Ma uno, almeno uno subito, sì, quello si può, quello i suoi tifosi aspettano. Perché questi 23 gol realizzati in campionato (33 totali) rischiano di servire a mantenere il secondo posto e quelli realizzati nelle coppe, alla fine non saranno serviti a nulla. Più di trenta gol, alla fine, solo per la gloria personale, non per alzare un trofeo, che è la conditio sine qua non per Spalletti, per continuare a legarsi alla Roma. Ma Edin non crede a quello che dice il tecnico o quantomeno non accetta il dibattito pubblico e spiffera candidamente che Lucio andrà via comunque. Ecco, Edin, pensi a questa notte di domani, pensi che i suoi gol peseranno e regaleranno sorrisi, al di là di Spalletti e delle sue decisioni e dei suoi giochini comunicativi. Perché dietro al tecnico, che ha dei seguaci irriducibili, ci sono tifosi che sognano il ribaltone e per loro la Roma resterà sempre.
IL RISVEGLIO Un mese fa la Roma è stata abbattuta dalla Lazio e adesso deve rialzarsi, è arrivata la possibilità. Dzeko è l’uomo che può, ha i mezzi, non deve nascondersi. La Roma non deve nascondesi. Una rimonta è fallita (con il Lione), ora ce n’è un’altra da non fallire. Un gol, ne basta uno subito, magari sotto la Sud che riapre al popolo. Poi la partita cambia, cambia la psicologia, l’inerzia. E chissà, una serata alla Montella sarebbe il top. Dzeko può, perché ha la classe e la facilità di vincere l’emozione di queste serata sotto tiro (come quando ne ha segnati tre al Villarreal). Ecco, serve la rete decisiva, quella della differenza, che porti un trofeo o la possibilità di poterlo contendere a un’altra finalista. Sedici anni aveva quando Montella spezzava la Lazio, quando Totti si divertiva a scucchiaiare il suo amico Peruzzi, quando la Roma concorreva pesantemente per lo scudetto e aveva la maglia con il tricolore addosso. Passano gli anni, si svuotano gli stadi, si perde il gusto di comunicare il calcio perché ormai ci sono le comunicazioni a pagamento e quindi non comunicazioni/informazioni, ma una cosa è sempre rimasta uguale, sperando che qualcuno non rovini anche quella: il piacere del gol. Tocca a Dzeko, lui è di casa.